Il “no” greco è anche un colpo a Renzi

Sbanda e vacilla paurosamente la certezza mostrata da Matteo Renzi prima del referendum greco secondo cui il risultato del voto ad Atene non avrebbe in alcun modo influito sul nostro Paese. Non tanto per quanto riguarda l’impatto della vittoria del “no” sulla nostra economia. Perché nessuno è in grado di prevedere se il rafforzamento di Tsipras nei confronti dell’Ue comporterà l’uscita della Grecia dall’Euro o una nuova ed estenuante trattativa per tenere insieme la moneta unica e l’Unione senza far perdere la faccia alla Merkel ed il governo al premier greco. E, di conseguenza, è praticamente impossibile compiere dei pronostici minimamente attendibili su quanto potranno incidere vicende così diverse sulla tenuta della economia e della finanza italiane.

A mettere in crisi la certezza mostrata da Renzi alla vigilia del voto gioca un fattore esclusivamente politico. Il Presidente del Consiglio italiano si è schierato, sia pure dopo qualche tentennamento, dalla parte della linea dettata dalla maggior parte delle Cancellerie europee guidate da quella di Berlino. L’esito del voto greco segna, di conseguenza, una sua sconfitta. Che per il governo italiano non ha conseguenze sul piano internazionale, ma che è destinato a produrre effetti decisamente negativi per il premier e per la sua maggioranza sul piano politico interno.

Renzi, in altri termini, esce decisamente indebolito dalla vicenda greca. Perché la vittoria di Tsipras mette le ali al Movimento Cinque Stelle ed alla Lega di Matteo Salvini. Ma soprattutto perché, proprio nel momento in cui alcuni dei principali esponenti dell’opposizione esterna hanno deciso di uscire dal partito a dare vita ad un nuovo soggetto politico ispirato alle ragioni della sinistra più radicale, il voto greco sembra fatto apposta per dare una forte spinta alla nascita di questa nuova aggregazione già valutata tra il 6 ed il 10 per cento.

La vittoria di Tsipras, in sostanza, è destinata ad allargare la già ampia spaccatura della sinistra italiana. Da un lato Renzi ed il suo riformismo allineato a quello della socialdemocrazia europea, dall’altro una sinistra radicale che si è liberata del vecchio conformismo europeista adottato dal Pci-Pds-Pd ed ora ha trovato il suo collante nella contestazione all’Unione europea dell’austerità liberale e socialdemocratica. Per Renzi la strada si fa decisamente in salita!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15