Il doppio fallimento di Marino e del Pd

Per Ignazio Marino è solo questione di tempo. Può essere che il sindaco di Roma riesca in qualche modo a realizzare il rimpasto di giunta a cui affida le speranze di non essere costretto ad uscire a testa bassa dal Campidoglio. Ma anche se la sua disperata operazione dovesse andare in porto consentendogli di superare l’estate, il suo tempo alla guida del Comune capitolino è ormai vicinissimo alla scadenza.

La ragione non è solo perché Marino non ha alcuna possibilità di vincere la sfida con il Premier Matteo Renzi, che lo considera corresponsabile della perdita d’immagine da cui è dipesa la battuta d’arresto del Pd alle recenti Amministrative. Ma soprattutto perché nella sua persona si intrecciano due diversi fallimenti.

Il primo è di natura personale. Marino si è rivelato un disastro da un punto di vista umano prima ancora che da un punto di vista amministrativo e politico. Se è vero che nei momenti di massima tensione una persona mostra la sua natura più profonda e vera, quella esibita dal sindaco di Roma è stata incredibilmente misera ed inquietante. Marino è risultato essere un piccolo uomo malevolo. Che nasconde la propria incapacità con la presunzione e che, proprio per questo motivo, è apparso e risulta sempre di più inadeguato ad una città che è il simbolo stesso della grandezza storica, estetica, morale, civile e religiosa.

Non è un peccato essere piccoli uomini pieni di malevolenza. È un disastro non essere all’altezza del compito amministrativo e politico ricoperto. E lo è ancora di più se al fallimento come persona si aggiunge in Marino il fallimento del partito che lo ha imposto in Campidoglio, presentandolo ai romani come il prestigioso chirurgo che avrebbe miracolosamente guarito tutti i mali cittadini. La tragedia che si consuma in questi giorni, infatti, è che sulla Capitale si stanno scaricando contemporaneamente il fallimento del chirurgo incapace e quello dell’intero Partito democratico non solo romano ma anche nazionale.

Ciò che agli occhi esterni appare come una lotta interna al Pd, il segretario nazionale Matteo Renzi contro il sindaco piddino di Roma Ignazio Marino, è in realtà il momento finale del lunghissimo processo di decomposizione iniziato nel partito erede della tradizione comunista e cattolico-democratica con la fine della Prima Repubblica. Renzi è convinto che combattendo Marino porta avanti una battaglia di rinnovamento del proprio partito. In realtà sta seppellendo una forza politica che soffre da anni di demenza senile e si accinge a morire per esaurimento totale della propria missione originaria.

Qualcuno, soprattutto tra i transfughi del mondo moderato, spera che dopo aver liquidato Marino ed il Pd romano, il Premier liquidi anche quello nazionale e faccia il miracolo di far risorgere una qualche Fenice dalle ceneri dei democrats. Ma intanto il doppio fallimento si scarica su Roma. Che merita di più di essere l’oggetto dei piccoli uomini malevoli e degli apprendisti stregoni!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16