Quando si colpisce al cuore una nazione

L’articolo di Arturo Diaconale: “I numeri, l’accoglienza ed il pollo di Trilussa”, pubblicato lo scorso sabato, è illuminante. Il direttore ha colto nel segno sul perché una destra degna della sua storia debba essere contraria alla politica dell’accoglienza illimitata. Qui non si tratta di scandalizzarsi per quelle migliaia di poveri disgraziati che cercano di raggiungere la terra promessa a qualsiasi costo.

Siamo in sessanta milioni, per cui la cosa non dovrebbe spaventarci. Tuttavia, a preoccupare sono le linee vettoriali attraverso le quali il nostro Governo vorrebbe condizionare il futuro del Paese. Il rischio riguarda la metabolizzazione del principio di sostituzione etnica a cui gli altri paesi europei si oppongono con ogni mezzo. Da noi si tenta di far passare un concetto-caposaldo della ideologia multiculturalista, ma che ad un pensiero genuinamente di destra mette i brividi: la società fluttuante. Lo spiega bene Diaconale: il numero degli ingressi di immigrati nell’ultimo anno pareggia quello degli italiani trasferitisi all’estero in cerca di lavoro o di opportunità professionali. Se per la sinistra i conti tornano, per quelli che di sinistra non sono è una bestemmia.

Perché l’Italia negli anni a venire possa difendere la sua identità comunitaria è indispensabile che ci siano italiani in grado di conservarla e di trasmetterla alle generazioni successive. Se si continua di questo passo, sostenendo che gli allogeni sono indispensabili giacché fanno i lavori che gli autoctoni non vogliono più fare, che senza i loro contributi il sistema previdenziale e il welfare non stanno in piedi, presto si arriverà a ringraziarli anche per i figli che vorranno mettere al mondo al posto degli italiani, che di procreare non avrebbero più voglia o possibilità. Se le parole hanno un senso, questa è aberrazione allo stato puro. Qui non c’entra il razzismo. Dobbiamo decidere fino a qual punto intendiamo batterci per la sopravvivenza della nostra cultura, dove per cultura non ci riferiamo alla semplice erudizione ma interpretiamo il termine in senso spengleriano di manifestazione originaria, libera e spirituale, di una comunità storica di vita.

Dobbiamo decidere se vogliamo essere i continuatori delle nostre tradizioni o limitarci a svolgere la funzione di custodi di spoglie museali, magari in modo un po’ più coscienzioso di come facciano i dipendenti degli scavi di Pompei. I multiculturalisti del “politicamente corretto” sono bravissimi nel far passare le loro idee come verità assolute, scolpite sulla pietra della storia, e sono ancor più bravi a far sentire quelli che non la pensano come loro alla stregua di feccia dell’umanità. È solo propaganda; studiata, ragionata, volgare propaganda. Sta a chi abbia a cuore la difesa delle proprie radici farsi sentire pretendendo che lo Stato faccia il suo dovere prioritariamente verso i propri cittadini.

Bisogna corrispondere alle aspirazioni di quelle famiglie che hanno investito sui propri figli assicurando loro istruzione e preparazione professionale di livello tale da essere riconosciute e ricercate all’estero. Non è accettabile che si investano fiumi di denaro per formare dal nulla chi approdi oggi sulle nostre coste, abbandonando ad un destino di separazione e di lontananza i figli degli italiani.

Il punto centrale è questo, il fatto che la presenza di masse di immigrati rechi anche problematiche legate all’intolleranza religiosa di alcuni gruppi allogeni, alla sicurezza sanitaria e all’ordine pubblico è reale ma resta di corollario rispetto al ben più grave squilibrio demografico al quale ci stiamo autocondannando. Siamo prossimi alle sospirate vacanze estive. Sarebbe salutare per tutti sfruttare il tanto tempo libero facendo un ripasso degli ultimi libri scritti sull’argomento da Oriana Fallaci. Tanto per tornare a settembre con le idee più chiare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11