Per i media meglio dimenticare Atene

Ve la ricordate la Grecia? È ancora lì dove l’abbiamo lasciata con il suo carico esplosivo pronto a deflagrare. Ad Atene è arrivata nuovamente la “Troika” per guidare il risanamento dei conti pubblici sballati. Le misure più dure imposte dall’Europa sono state votate dal parlamento nazionale e altre dovranno essere approvate nei prossimi giorni. Peccato però che la condizione del popolo greco non sia affatto migliorata. Al contrario, è peggiorata. Con l’aumento delle aliquote Iva il consumo si è ridotto. Il blocco prolungato della circolazione del danaro ha impedito alle aziende di acquistare materie prime all’estero. Gli effetti immediati hanno riguardato la caduta degli ordini e la riduzione dell’occupazione nel manifatturiero. Le banche sono al collasso. Il valore delle azioni è crollato sotto la soglia psicologica del 30 per cento. Come dimostra l’andamento della Borsa di Atene dalla sua riapertura, i titoli complessivamente cedono. Si stima che ad oggi valgano l’85 per cento in meno rispetto al 2007.

Intanto, i medici di base sono in sciopero perché le prestazioni sanitarie da mesi non vengono rimborsate dal sistema sanitario nazionale. Le persone che necessitano di una visita medica devono pagarla in contanti. Scioperano anche i ferrovieri che si oppongono alle ipotesi di privatizzazione delle ferrovie. In questi giorni andare da Atene verso le regioni del nord è un’impresa quasi impossibile. Fortuna che siamo in estate e c’è il turismo a fungere da cuscinetto reggispinta alla circolazione di denaro fresco. Ma la stagione turistica non è eterna. Ormai, tutto si tiene con gli spilli in un surreale gioco di specchi tra la Bce e la Banca centrale ellenica: si finge di trattare condizioni di mercato con un paese che vive una crisi umanitaria. Vi chiederete del perché vi abbiamo dipinto questo bel quadretto? Non vogliamo che siate tratti in inganno dai media che vi raccontano soltanto ciò che Palazzo Chigi vuole che si racconti. Non c’è stato il tanto sbandierato salvataggio: la Grecia è in pezzi. Non esiste alcun piano credibile per riportarla a galla. Al punto in cui siamo la soluzione obbligata sarà di rimetterci una montagna di soldi di tasca nostra. Senza alcuna certezza di risultato.

Secondo Silvia Merler del think-tank “Bruegel”, che ha studiato il sistema finanziario greco, non basterebbero i 25 miliardi di euro promessi dal Fondo salva-stati a tenere in vita le banche elleniche. Oltre alla ricapitalizzazione concessa dall’Esm occorrerebbe il concorso dei clienti privati da realizzarsi mediante un bail-in dell’8 per cento sull’ammontare complessivo delle passività maturate. Tradotto in parole semplici, ci sarebbe da spremere un limone già spremuto fino alla buccia. Intanto se non si salvano le banche non si salva l’economia ellenica. Il popolo greco ha una grande storia e un altrettanto grande dignità ma per stare nel gioco della moneta unica senza averne le capacità è precipitato nell’abisso. Anche l’Europa nel suo insieme, in questo frangente, non ha mostrato di essere all’altezza delle sue ambizioni. I leader dell’Unione vorrebbero pensare in grande ma hanno paura di rimetterci di tasca propria. La bassa statura politica li rende poco credibili. Tutti loro, senza eccezione, non hanno saputo coniugare adeguatamente il totem della stabilità finanziaria dell’eurozona con i problemi di geopolitica che sottendono a un’aggregazione di stati nazionali. Si sono comportanti con i governanti ellenici alla stregua dei funzionari bancari bacchettoni pronti a strigliare il cliente moroso.

Non poteva esservi approccio più sbagliato alla questione del debito greco. Nell’impasse che si produrrà nelle prossime settimane resta sul tavolo l’opzione della Grexit. Perché non prenderla in seria considerazione? Si teme forse di dover dare ragione agli euroscettici?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12