Il vero volto dell’immigrazione

L’ondata di immigrati che stiamo ricevendo dal Mediterraneo non è un fenomeno naturale, non è una “migrazione” (come talvolta dicono anche i documenti Onu) equiparabile a quelle stagionali degli animali. Non siamo di fronte a un fenomeno di “migranti climatici”, come suggerisce anche il segretario di Stato americano, John Kerry: la “migrazione climatica”, se mai ci sarà, dovrebbe iniziare dopo l’inizio di vasti fenomeni di desertificazione o l’allagamento di intere regioni e non stiamo assistendo a niente di simile, in nessuna parte interessata dall’emigrazione di massa. L’immigrazione a facciamo fronte in questi anni e che sta mettendo a rischio la tenuta di Schengen, oltre al principio stesso di libera circolazione delle persone, è un fenomeno prettamente politico ed economico. Abbiamo infatti un’immigrazione di tipo politico: fuga da Paesi in guerra o sottoposti a dittature oppressive. Ed economico: ricerca di migliori condizioni di vita in Europa, soprattutto da parte di ceti medi africani e asiatici la cui crescita è soffocata da sistemi altamente inefficienti.

Solo soffermandoci sul caso italiano, le parole dei media possono ingannare. Quando si parla di “profughi” o “rifugiati” la mente va alla fuga dalla Siria e la crisi dell’immigrazione è spesso e volentieri accostata a quella della guerra civile in corso nel paese mediorientale. Tanto è vero che la foto del corpo senza vita del bambino Aylan al Kurdi (curdo siriano di Kobane) è diventata una sorta di icona, sbandierata all’ultima Festa dell’Unità, per chiunque voglia promuovere la politica dell’accoglienza. Il quadro è invece molto diverso. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Interno riguardanti il periodo 1 gennaio-31 luglio 2015, il primo Paese di provenienza degli immigrati che bussano alle nostre (italiane) porte è l’Eritrea, con 25.567 persone, il secondo è la Nigeria (11.899), il terzo è la Somalia (7.538), poi il Sudan (5.658), solo a questo punto arriva la Siria (5.495), poi il Gambia (4.837) e il Bangladesh (3.692). Di tutti questi Paesi, solo in due casi è in corso una crisi umanitaria conclamata: Siria e Somalia (dove la guerriglia infinita fra fazioni continua dal 1991). Eritrea e Sudan sono regimi totalitari da decenni, quindi anche in questo caso si può parlare di emigrazione politica, ma non di emergenze umanitarie conclamate. Per quanto riguarda il secondo Paese d’origine degli immigrati in Italia, la Nigeria, non è uno Stato in guerra, fatta salva la presenza del terrorismo di Boko Haram nel Nord del Paese, che comunque non è considerata dal governo nigeriano come la principale causa di emigrazione o fuga dal Paese verso l’Europa (chi fugge da Boko Haram, semmai, si rifugia in Paesi vicini, per poter tornare a casa non appena possibile). Da Gambia e Bangladesh, infine, si emigra solo per ragioni economiche, perché i due paesi sono stabili e in pace.

Quando si affronta il tema dell’immigrazione, però, il dibattito pubblico verte soprattutto su due punti: soccorso/accoglienza (il tratto terminale dell’emigrazione) e il transito, soprattutto dalla Libia e dal Canale di Sicilia. È assente dal dibattito pubblico l’origine del fenomeno migratorio. Ovviamente, transito e approdo sono snodi importanti e vanno affrontati, ma la soluzione sarà sempre di breve periodo. Una politica di lungo periodo dovrebbe mirare a cercare soluzioni nei Paesi d’origine del fenomeno. E soprattutto, consapevoli della vera natura dell’immigrazione verso il nostro Paese, potremmo affrontare la questione con una lucidità molto maggiore, anche a livello di opinione pubblica. Non dobbiamo continuare a immaginare il nostro Paese come ad un grande ospedale da campo, preso d’assalto da feriti, disperati e morenti. Ma come una terra d’opportunità e transito verso l’Europa, ambita da tanti adulti consenzienti in cerca di condizioni migliori, capaci di scegliere razionalmente di correre il rischio di morire in un viaggio pericoloso pur di cambiare vita. Niente panico e niente soluzioni di “accoglienza” facili e di breve termine: questo è un tipo di immigrazione che andrà avanti a lungo. Molto a lungo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13