Renzi da Francesco a Barack Obama

Il confine tra Siria ed Iraq non esiste più. La lunga linea disegnata da Gran Bretagna e Francia dopo il primo conflitto mondiale per separare artificiosamente il deserto che da Damasco arriva fino a Baghdad e creare due diverse entità statuali, è stata cancellata dalle rivolte e dai sommovimenti degli ultimi anni. L’Isis esercita la sua sovranità su gran parte dei due vecchi Stati ed ha completamente rivoluzionato la vecchia carta geografica del Medio Oriente.

Ma è a quella vecchia carta che i nostri Tornado dovranno rifarsi quando saranno impegnati nelle missioni di bombardamento contro gli islamisti del Califfato. Questi ultimi, presumibilmente, si sposteranno in continuazione per non dare bersagli fissi agli aerei Nato ma gli apparecchi con il tricolore non rincorreranno nessuno e si concentreranno solo sui terroristi fermi in Iraq. Insomma, come ha annunciato fermamente il nostro Presidente del Consiglio dopo i recenti incontri con i partners europei, l’Italia non parteciperà alle attività militari in Siria. A Baghdad sì, a Damasco no. Anche se il nemico da colpire è lo stesso in Siria ed Iraq. E, a ben guardare, non è affatto diverso da quello che sta lentamente ma inesorabilmente conquistando pezzi sempre più estesi di territorio in Libia, cioè a due passi da casa.

La spiegazione ufficiale è che il governo iracheno ha chiesto l’impiego degli aerei italiani insieme a quelli della Nato ed il governo siriano non ha chiesto affatto limitandosi a sollecitare solo l’intervento delle forze armate russe. Ma dietro questa spiegazione ufficiale c’è una grande confusione nelle scelte di politica estera del nostro Paese.

Prima siamo pacifisti ad oltranza e facciamo sapere al mondo che, memori del disastro provocato dall’intervento contro Gheddafi, non parteciperemo in alcun caso a missioni militari in Siria. La nostra linea è quella di Papa Francesco e da questa linea non ci muoviamo. Poi, però, quando dagli Stati Uniti arriva la richiesta (magari tramite il governo iracheno) di dare un contributo militare alla guerra all’Isis, la nostra linea non è più quella di Francesco ma quella di Obama. Ed invece di prepararsi ad intervenire per impedire all’Isis di vincere la guerra in Libia, andiamo a sparare gli ultimi colpi nella guerra già persa in Iraq.

Renzi sarà pure bravo ad asfaltare Bersani ma in politica estera non sembra altrettanto capace. Purtroppo per noi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11