Cosa fare con Fitto?

Sotto il cielo della destra italiana qualcosa si muove. Nel partito di Berlusconi, come nel monolite leghista e in Fratelli d’Italia, si litiga e ci si divide. Non importa, quello che conta è che si discuta. Tuttavia, il centrodestra che verrà non potrà essere un tavolino a tre gambe. Non reggerebbe; sarebbe sbilenco. Anche se unite, le forze attualmente in campo non riescono ad assorbire per intero la domanda politica targata “destra”. È un problema di sensibilità e di numeri. Con il nuovo sistema elettorale, destinato a premiare le liste e non le coalizioni, si corre il rischio che sia un arrembante Movimento Cinque Stelle, oggi quotato a oltre il 25 per cento dei consensi, a sfidare Matteo Renzi.

Il centrodestra deve, quindi, ampliare il suo perimetro oltre gli attuali confini. Bisogna valorizzare, e non mortificare, tutti coloro con i quali sia possibile fare fronte comune. Ciò rimanda a un nodo che va sciolto al più presto: cosa fare con Raffaele Fitto. Finora quello dei Conservatori e Riformisti è stato un caso politico anomalo. Sono radicati nel centrodestra, ma è come se non li si volesse vedere. Hanno rotto con Berlusconi ma, in coerenza col mandato ricevuto dagli elettori, sono rimasti all’opposizione di Renzi. E hanno fatto di più. Si sono avventurati su una strada difficile. In un’Italia maggioritariamente conservatrice, non c’era mai stato un partito che si dichiarasse esplicitamente tale. Loro lo hanno creato. Chapeau! Nei giorni scorsi Raffaele Fitto è stato ricevuto con tutti gli onori da David Cameron, premier britannico e campione del conservatorismo anglosassone. È stata una legittimazione della quale l’europarlamentare pugliese ha ben ragione di vantarsi. In una dimensione europea così fortemente interconnessa dialogare con Cameron significa vedere riconosciuto un ruolo proiettabile nelle dinamiche interne della politica italiana.

Tuttavia, Fitto deve stare in guardia. Il maestrale che soffia sui cespugli centristi potrebbe sfiorare il suo movimento che centrista non è. I boatos da Montecitorio dicono che alcuni dei suoi ambirebbero ad avere una parte nel mercato renziano. D’altro canto, lo scranno dell’opposizione è un luogo scomodo e puntuto, è comprensibile che qualcuno voglia lasciarlo per sistemazioni più confortevoli. Finora Fitto ha tenuto il punto e questo gli ha fatto guadagnare, agli occhi dell’opinione pubblica, credito e rispetto. Tuttavia, un cedimento alle lusinghe dell’armata Brancaleone che governa questo paese potrebbe essergli fatale. Quantomeno servirebbe a Berlusconi per sentenziare: ve l’avevo detto che era un altro sfigato. La destra, al momento, si balocca sul nome del futuro leader: Salvini sì, Salvini no, mentre all’orizzonte si affollano numerosi “salvatori della Patria” che sbandierano, ciascuno, miracolistiche ricette per l’Italia del tempo della crisi. Avranno pure qualche idea da proporre, ma nulla alle loro spalle che somigli lontanamente a un elettorato disponibile a seguirli.

Comunque la si giri, il problema di questo centrodestra disastrato è che non sa più parlare ai suoi elettori. Intanto, se si vuole sperare di tornare a essere competitivi bisogna rinunciare ai supereroi e affidarsi a una confraternita di tessitori che sia in grado di cucire un’offerta programmatica credibile; che abbia il dono del realismo. Le persone hanno smesso da tempo l’idea di lasciarsi sedurre dal fascino indiscreto e “piacione” di un leader carismatico, vogliono fatti. Il problema è di esplorare nuove strade e convincere gli elettori a percorrerle. Le deviazioni sono fortemente sconsigliate. Raffaele Fitto tenga, ben salda tra le mani, la barra del suo movimento in vista dei prossimi confronti elettorali e sicuramente qualcosa ne caverà. Oggi è tempo di dire molti no, e pochi sì. Ma lui è cattolico osservante, quindi conosce bene il prezzo che l’anima paga quando il corpo cade in tentazione.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:28