Spesa pubblica: vecchi  e nuovi “campioni”

Il grottesco tentativo, compiuto a colpi di timbri e di nuovi regolamenti contra personam, da parte del Pd renziano di escludere Antonio Bassolino dalle Primarie per il candidato sindaco di Napoli risponde ad una pura logica d’immagine.

In estrema sintesi, avendo sposato la causa del nuovismo della rottamazione, il capataz di Palazzo Chigi non può certamente consentire che un volpone della vecchia guardia comunista possa rappresentare l’immagine illusoria del cambiamento in salsa fiorentina. Un cambiamento che, come ho avuto modo di scrivere spesso su queste pagine, è fatto in gran parte di chiacchiere e annunci. Ma tanto basta per non volersi mischiare con gli esponenti più esperti e navigati della cosiddetta democrazia acquisitiva; quella che per intenderci si compra il consenso con alte dosi di spesa pubblica. Tutto questo per compiacere quella vasta platea elettorale di anime belle, la quale pensa che basti semplicemente cambiare le facce della politica per raggiungere il regno della prosperità per tutti. Ed è proprio su questa diffusa credenza popolare che si è in gran parte sostenuta la scalata al potere dell’attuale, ambizioso Premier. Ma sul piano sostanziale, soprattutto per chi crede in un cambiamento liberale di un sistema sempre molto traballante, che a guidare Napoli sia un vecchio volpone della redistribuzione qual è Antonio Bassolino, oppure un brillante giovanotto della corte renziana che ripeta su scala comunale la linea dei pasti gratis del suo leader nazionale, cambia ben poco.

Sotto questo profilo, tra la collaudata esperienza collettivista di un Bassolino e un qualunque giovanotto che si rifà alla linea dei miracoli introdotta da Matteo Renzi abbiamo solo l’imbarazzo delle scelta. Quello che appare scontato è che in questa sterile lotta da “vecchio” e “nuovo” il dissesto economico e finanziario di Napoli e di molte altre grandi città italiane sembra destinato ad aggravarsi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09