Il realismo europeo e l’inerzia italiana

Il realismo politico impone all’Unione europea di garantire alla Turchia di Erdogan parecchi milioni di euro per trattenere sul proprio territorio le centinaia di migliaia di rifugiati provenienti dalla Siria ed impedire loro di riversarsi nei Paesi dell’Europa del Nord. Al tempo stesso, sempre il realismo politico suggerisce a Francia e Gran Bretagna di ipotizzare un maggiore sostegno alle truppe di Assad per combattere il califfato, con in aggiunta la promessa che una volta rimosso lo stesso Assad non verranno abbandonate alle vendette dei loro innumerevoli nemici.

Lo stesso realismo avrebbe dovuto spingere l’Ue a prendere in considerazione l’affermazione dei Servizi segreti Usa, secondo cui più aumentano le incursioni alleate e russe sulle fonti di petrolio siriano ed iracheno in mano al califfato, più l’Isis dirotta l’attenzione sul petrolio libico estendendo la sua influenza su tutta la costa della ex colonia italiana. E, infine, sempre il realismo politico avrebbe dovuto spingere i governanti europei a prevedere tutte le misure atte ad impedire ai terroristi islamici di spostare a proprio piacimento le fonti dei loro finanziamenti e dei loro traffici per continuare ad esercitare ed allargare la loro influenza sul mondo arabo sunnita.

Il compito di richiamare la Ue ad un realismo politico non concentrato solo sulla Siria ma allargato anche alla Libia avrebbe dovuto essere assolto dal governo italiano. Se il califfato diventa il padrone del petrolio libico e lo commercia per finanziarsi come attualmente fa con quello iracheno, la conseguenza immediata ricade sul nostro Paese. Che deve decidere se commerciare con l’Isis di nascosto rispetto agli altri paesi europei correndo il rischio di forti ritorsioni da parte di essi e di continui ricatti da parte dei terroristi. Oppure se subire le conseguenze della cessazione del flusso di energia proveniente dalla “quarta sponda” e mettere in conto l’inevitabile passaggio dalla ripresa economica auspicata alla certa ricaduta in una recessione senza fine e senza speranza.

Ma il governo italiano non ha assolto il proprio compito. Non ha messo in guardia la Ue dal pericolo di allargamento del califfato sull’intera Libia e non ha osato chiedere di mettere all’ordine del giorno del tavolo riservato ai soli Hollande, Merkel e Cameron il dossier su quello che rischia di essere il nuovo fronte dell’offensiva islamista.

C’è chi sostiene che questa inerzia italiana sia attentamente calcolata per evitare al nostro Paese di infilarsi in una qualche avventura di tipo bellico nella fase ormai aperta del Giubileo e per scongiurare il rischio di attentati sul nostro territorio nei prossimi mesi. È più probabile, invece, che l’inerzia sia solo il frutto della incapacità di un governo debole come quello di Matteo Renzi di farsi ascoltare dagli interlocutori internazionali. Come può chiedere un minimo di attenzione chi sa bene che la propria permanenza al governo dipende solo dagli umori e dagli interessi mutevoli della Merkel e di Obama?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16