Salvini e Meloni ringrazieranno

Può essere che la decisione di Silvio Berlusconi di puntare su Alfio Marchini a Roma sia stata causata dall’aggressione verbale compiuta da Matteo Salvini alla sua persona, alla sua famiglia ed alle sue aziende. Ma è certo che la reazione del Cavaliere è destinata ad avere una serie di effetti politici che probabilmente il leader leghista non aveva calcolato adeguatamente.

Il primo, che secondo alcuni sarebbe l’unico messo machiavellicamente in conto da Salvini, è l’azzoppamento della candidatura di Giorgia Meloni ed il ridimensionamento della speranza della leader di Fratelli d’Italia di sfruttare la campagna elettorale capitolina per mettersi al livello di Salvini nella diarchia che dovrebbe guidare a livello nazionale un centrodestra a trazione lepenista. Con Marchini in pista le speranze della Meloni di arrivare al ballottaggio sono diminuite e con esse si è ridotta (se non scomparsa del tutto) la prospettiva di seguire l’esempio di Gianfranco Fini, che perdendo per un soffio con Francesco Rutelli consacrò il proprio ruolo di leader nazionale della destra di governo sdoganata da Berlusconi.

Il secondo effetto, anch’esso calcolato male da Salvini, è che la mossa di Berlusconi non ha assunto il significato di un ritorno al passato (con Alfano, con Fini) per una ripresa del Patto del Nazareno, ma ha subito preso il significato politico di una operazione tutta nuova di rigenerazione dell’area moderata del centrodestra all’insegna di quei valori popolari, liberali, garantisti e soprattutto civici impersonati da Alfio Marchini.

Naturalmente questo tratto di novità contenuto nella decisione del Cavaliere dovrà essere confermato, mantenuto ed evidenziato evitando accuratamente da parte di Berlusconi e dello stesso Marchini di tirare fuori le fotografie del passato e di insistere soprattutto sui tratti innovativi dell’operazione. Ma se l’ingegnere riuscirà a tenere a bada gli aspiranti al solito riciclo insistendo sul civismo inteso come valore fondante di un nuovo progetto politico per Roma, l’operazione capitolina diventerà il modello nazionale per un centrodestra rinnovato ed a trazione non populista ma popolare, liberale e garantista.

Salvini era convinto che a Roma avrebbe potuto sbarazzarsi definitivamente della leadership di Berlusconi e conquistare il bastone del comando di un centrodestra totalmente lepenizzato. Il disegno non si è realizzato. E, paradossalmente ed anche se al momento non lo riconoscerà mai, è una fortuna anche per lui. Perché quel centrodestra lepenizzato non avrebbe mai potuto essere una credibile alternativa di governo alla sinistra di Matteo Renzi e, anzi, sarebbe stato per l’attuale Premier la garanzia assoluta di rimanere a Palazzo Chigi per i prossimi dieci anni senza bisogno di fare nuovi Patti del Nazareno con nessuno.

La mossa di Berlusconi può mettere in condizione il centrodestra di tornare ad essere alternativo a Renzi. Salvini e Meloni ringrazieranno!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:06