La vera partita di Matteo Renzi

I diecimila comitati per il “sì” preannunciati da Matteo Renzi per vincere il referendum sulle riforme istituzionali non sono solo una trovata del consulente di Barack Obama, Jim Messina, per vincere la consultazione popolare di ottobre. Sono soprattutto la condizione essenziale per dare vita al superamento del Partito Democratico ed alla formazione di un partito personale che qualcuno chiama ancora della Nazione, ma che in realtà è lo strumento indispensabile per collocare Renzi al vertice del nuovo ordinamento istituzionale segnato da un potere esecutivo privo di qualsiasi contrappeso e bilanciamento democratico.

I diecimila comitati di Renzi costituiscono il superamento delle vecchie sezioni del Pd ed il nucleo-base di un organismo politico nuovo in cui il collante che tiene insieme iscritti e simpatizzanti non è più il comune sentire ideale e la sensazione di appartenere alla parte migliore e più virtuosa della società, ma solo ed esclusivamente il rapporto diretto con il leader-premier. Per questo i comitati non potranno essere segnati in alcun modo dai simboli del Pd, ma dovranno obbligatoriamente essere aperti al contributo di soggetti provenienti da qualsiasi parte politica ma disposti a rinunciare alle proprie diversità del passato in nome dell’adesione al progetto di un capo che non è più un leader di partito ma è, grazie alla nuova Costituzione, il massimo rappresentante di una Repubblica fatalmente e necessariamente autoritaria.

Un progetto del genere, che presuppone la scomparsa del Pd nel calderone del regime renziano, dovrebbe mettere in primo luogo in allarme gli oppositori interni dell’attuale segretario dem. La partita, ormai, non è per la conservazione o l’innovazione della “ditta”. Nel disegno di Renzi la “ditta” è destinata a chiudere ed al suo posto deve nascere non un nuovo partito ma un organismo che ha come unica funzione quella di tenere saldamente il Premier inchiodato al vertice delle istituzioni repubblicane. E l’allarme non può riguardare solo i nostalgici del vecchio Pd ormai in via di definitiva rottamazione. A mobilitarsi debbono essere anche e soprattutto tutte quelle forze politiche che vogliono impedire alla democrazia italiana una deriva personalistica ed autoritaria. Per loro la partita è molto più alta di quella della conservazione o meno della “ditta”.

La posta in palio è la sorte di un sistema democratico che non può essere rinnovato puntando su una personalizzazione priva di qualsiasi bilanciamento istituzionale, ma va adeguato alle esigenze della modernità tenendo conto dei pesi e dei contrappesi delle democrazie liberali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07