Il premier Renzi: più Perón che De Gaulle

giovedì 26 maggio 2016


La data del referendum sulla riforma costituzionale non è stata ancora fissata, ma l’intensità della battaglia per il “Sì” e per il “No” è talmente alta che sembra si debba andare a votare domenica prossima. A menare la danza è il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che non si è limitato ad anticipare tutti i tempi della campagna referendaria ma ha anche drammatizzato al massimo la vicenda impostandola come un giudizio di dio e del popolo pro o contro la sua persona ed il suo giglio magico fiorentino.

La scelta del Premier rende vani ed un po’ patetici i richiami, come quello del Presidente del Senato, Pietro Grasso, a discutere del merito della riforma costituzionale in ballo ed a non personalizzare e politicizzare lo scontro. Renzi punta esattamente alla personalizzazione ed alla politicizzazione. Sull’esempio di quanto fece a suo tempo il generale de Gaulle con la sua riforma presidenzialista della Francia. E non si farà di certo frenare in una partita in cui la posta in palio non può essere che il suo presente ed il suo futuro politico e che nell’immediato sembra intanto indirizzata a depotenziare il possibile effetto negativo del voto amministrativo di giugno.

Il paragone tra Renzi e de Gaulle, però, si ferma qui. Anche contro il generale i suoi oppositori mossero l’accusa di volere una riforma per dare vita ad una svolta autoritaria. Ma de Gaulle aveva alle spalle la Resistenza ed era il simbolo della vittoria e della rinascita della Francia. E per questo era un simbolo che univa la società francese. Renzi, invece, alle spalle non ha nulla di particolarmente prestigioso se non una serie di spaccature e di lacerazioni all’interno del proprio partito. E per questo non è un simbolo unificante ma profondamente divisivo del Paese. Se vince metà degli italiani lo considereranno un aspirante caudillo da temere e combattere in nome della libertà e della democrazia. Se perde, quella stessa metà inneggerà allo scampato pericolo e farà di tutto per impedire una sua qualche rivincita.

L’idea di provocare una spaccatura così netta e profonda nella società nazionale non sembra turbare affatto il Presidente del Consiglio. Che sembra preoccupato solo di creare le condizioni più favorevoli, soprattutto sul terreno del controllo del mondo dell’informazione, per assicurarsi comunque la vittoria.

Ma a creare i maggiori ostacoli alla sua marcia è proprio questa totale ed ostentata indifferenza sulle conseguenze della sua volontà di potenza. Agli occhi di parecchi italiani non sembra un emulo di de Gaulle. Al massimo di Perón! Il ché potrà forse fare piacere a Papa Bergoglio, ma pone un serio macigno sulla strada del “Sì”.


di Arturo Diaconale