Matteo Renzi,  pericoloso imbroglione

Lo giudico da ciò che dice. Due delle ultime dichiarazioni di Matteo Renzi dovrebbero togliere dalla testa dei titubanti ogni residuo dubbio sul grande imbroglio e il grande imbroglione della riforma costituzionale. Eccole: “Le riforme non toccano i poteri del governo e del premier ma aumentano i poteri di opposizione e dei cittadini” (bum!) e “Non può esserci nessun collegamento tra legge elettorale e referendum costituzionale” (bum, bum!).

Orbene, in sincerità non credo affatto che Renzi sia un cretino, tutt’altro. Lo giudico, al contrario, un callido imbroglione politico, pericolosissimo perché mente sapendo di mentire e mentendo dimostra esattamente ciò che mostra di smentire: cioè l’ambizione ad un governo dai modi sbrigativi cui l’opposizione faccia il solletico. Chiunque abbia pur minima contezza di politica, se non della scienza politica e del diritto costituzionale (due materie che all’apparenza Renzi e Boschi dovrebbero aver studiato all’università), sa che tra le leggi elettorali e l’ordine politico risultante esiste un legame imprescindibile, pur quando le Costituzioni non le contemplino. A parte le esperienze fornite dall’esame comparativo, la nostra storia, monarchica e repubblicana, sta lì a dimostrarlo. E una ripassatina gioverebbe. Le affermazioni del premier sono semplicemente false e falsari sono tutti quelli, politici, professori, giornalisti, Confindustria persino, che corrivamente le avallano oppure non ne contestano la falsità. Renzi sa che la legge elettorale disgusta il popolo ed è a forte rischio d’incostituzionalità. Giustamente nutre la convinzione che legge elettorale e riforma costituzionale “simul stabunt vel simul cadent”, non solo con riguardo all’esito del referendum costituzionale, ma anche rispetto al referendum popolare (se saranno raggiunte le firme della raccolta in corso) e alla prossima sentenza della Consulta sulla legge elettorale.

Contrariamente a ciò che afferma Renzi, i poteri del governo e del primo ministro aumentano (in modo surrettizio anziché formale, come si dovrebbe in materia), perché il premier sarà padrone della Camera la cui composizione avrà determinato selezionandone i deputati, mentre l’opposizione, “rectius” le opposizioni saranno sbriciolate in gruppuscoli ininfluenti, esposti pure alle lusinghe del premier e della sua maggioranza. La signoria del governo sulla Camera sarà assoluta perché il premier esce legittimato, senza alternative, dalle elezioni e pertanto acquisisce, di fatto (anche qui surrettiziamente), anche il potere di sciogliere la Camera (il “senaticchio” è permanente), un potere che solo “pro forma” resta nelle mani del presidente della Repubblica.

Ed infine, senza questa legge elettorale, cui compete il nome di “renzino” non di “italicum”, la forza politica e parlamentare del premier, accresciuta anche sulla compagine governativa e su altre istituzioni dalla riforma costituzionale, resterebbe non solo bilanciata dalle attribuzioni del capo dello Stato, ma anche controllata dalla Camera rappresentativa, atteso che il “senaticchio” non fa crisi, come si diceva in epoca statutaria. E’ casuale che Renzi ripeta e ripeta e ripeta: “L’italicum non si tocca?”

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01