Il ruolo dei consiglieri d’opposizione in Rai

Sono costretto a scrivere per fatto personale. Perché come consigliere di amministrazione della Rai sono diventato, insieme agli altri miei compagni di avventura nel servizio pubblico radiotelevisivo, bersaglio di bordate provenienti da sinistra e da destra. Da sinistra il sottosegretario Antonello Giacomelli, uno degli artefici della riforma Rai che ha dato i pieni poteri al direttore generale divenuto amministratore delegato, critica il Cda perché a suo parere non mitiga adeguatamente i poteri che lui stesso e la legge hanno assegnato ad Antonio Campo Dall’Orto. E da destra “Il Tempo”, con un editoriale di Luigi Bisignani, ci ha definito degli “utili idioti” che avallano le decisioni del direttore generale-amministratore delegato e ci ha invitato a dare le dimissioni visto che oltra a non contare nulla ed avere uno stipendio pari allo zero rischiamo anche di assumere delle responsabilità gravide di pesanti conseguenze personali di natura civile.

A Giacomelli rispondo di non pensare di scaricare su di noi del Cda, in particolare su consiglieri espressi dalle forze d’opposizione, il compito di tenere a bada il superdirettore generale trasformato dalla legge nel capo azienda incontrastato. Se il Partito Democratico, o una parte del partito al governo, ha dei ripensamenti su Campo Dall’Orto proceda lui stesso a risolvere la questione. Ma non può pretendere che a togliere la castagna dal fuoco siano quelli a cui la sua legge ha lasciato le responsabilità togliendo loro i principali poteri d’intervento.

Certo, il Codice civile attribuisce al Cda compiti di indirizzo e di controllo. Ed è certo che i consiglieri, io per primo, li eserciteremo fino in fondo anche per evitare conseguenze negative di natura personale. Ma se c’è un “lavoro sporco” da fare se ne occupi il Pd. Noi indirizzeremo, controlleremo e denunceremo in continuazione che il proposito di Matteo Renzi di cacciare la politica dalla Rai si è rivelata una balla colossale. La politica è presente più forte che mai. Solo che invece di essere rappresentata da tanti partiti è rappresentata da un partito solo (o meglio, dalla sola corrente renziana del Pd). E questo costituisce un vulnus alla ragione stessa del servizio pubblico radiotelevisivo. Che è il rispetto del pluralismo e della diversità delle idee e delle opinioni.

Per questo motivo non posso che respingere la sollecitazione che viene da destra di gettare la spugna e rassegnare le dimissioni. Perché il compito che mi è stato affidato quando il Parlamento, attraverso la Commissione di Vigilanza, mi ha eletto nel Cda Rai, è quello di difendere il valore del pluralismo all’interno dell’azienda radiotelevisiva pubblica. E questo compito, anche se con grandi responsabilità e scarsi poteri, intendo portarlo avanti con ferma determinazione. Se mi dimettessi verrei facilmente sostituito da un fiancheggiatore del governo pronto a svolgere sul serio l’“utile idiota” in favore di Renzi. Rimango al mio posto a rappresentare senza sconti e patteggiamenti sottobanco la voce dell’opposizione. Anche perché nella mia vita di liberale non mi sono mai arreso e non vedo il perché lo dovrei fare proprio ora!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07