Retorica, terremoti   e vecchi propositi

Come ha documentato, da par suo, Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 31 agosto, i terremoti italiani generano non solo lutti e distruzioni ma anche, e soprattutto, l’aggiunta alluvionale di norme, che creano una “palude di regole e regolette”.

Nella vita ordinaria noi siamo già afflitti dal più poderoso ed efficiente apparato produttivo di norme, che l’ineffabile “Renzoschi” inopinatamente intende addirittura potenziare con la strampalata riforma della Costituzione. Eppure, al verificarsi del sisma, la terra squarciata viene coperta da una coltre di leggi, leggine, decreti, regolamenti, ordinanze, disposizioni, più spessa delle macerie e dei detriti. È come se dalle sue viscere erompesse con forza incontenibile una fonte del diritto prima compressa sotto la crosta rocciosa. La libidine regolatoria, un’autentica tabe inguaribile dell’Italia, esplode e diventa epidemica, propagandosi, alla stregua dell’onda d’urto, dal cratere periferico del terremoto al centro della nazione e delle sedi del potere. Questa incontinente sfrenatezza d’intervenire va di pari passo con un disgustoso eccesso di retorica istituzionale: logorrea compassionevole e profluvio di prescrizioni!

La generosa e perfino amorevole partecipazione morale e materiale della cittadinanza all’altrui disgrazia viene scompensata dai proclami goffi e vacui delle autorità politiche, di altissimo e di basso rango. Tutte sembrano smarrire la compostezza che il lutto reclama per non scadere in teatrale simulazione del dolore. Perfino il funerale collettivo delle povere vittime finisce in un macabro tiremmolla di bare spostate alla ricerca del luogo ideale per la celebrazione. Non sullo sfondo, ma in primo piano, i propositi sbandierati di sovvenire, risarcire, restaurare, ricostruire, nella quale ostentazione primeggia il Governo. Certo, il Governo ha il dovere di agire. Ma già s’intravedono le linee di azione vecchie e fallimentari di passate esperienze. Commissari, commissioni, comitati; ministri, regione, comuni; controllori di varia estrazione e provenienza; autorità amministrative e magistrati; insomma una pletora di operatori e supervisori per indirizzare il post-terremoto verso il risultato della efficace, economica, legale ricostruzione, in senso edile e civile, delle comunità disastrate. Così, le gonfiezze della legislazione e dell’enfasi verbale vengono completate dalla congestione degli apparati tra i quali viene distribuita la competenza sulla ricostruzione. Va da sé che al potere pubblico spetta la cura diretta dei beni pubblici: scuole, ospedali, edifici pubblici, monumenti, opere d’arte, eccetera. Ma i beni privati perché mai dovrebbero finire nella pania dell’intervento statale? La via maestra sta, al contrario, nel mettere gli aiuti, sotto forma di somme onnicomprensive di denaro adeguate al danno subito, direttamente nelle mani dei danneggiati in modo che possano provvedere personalmente alla cura del loro interesse ma nel rispetto della legge verificato, esso sì, dalle autorità pubbliche. Questo è il modo liberale di provvedere: responsabilizzare gl’interessati, sottraendoli alla cappa tutoria dei maneggioni designati dagli enti pubblici. Tra far bene le cose e farle fare dagli uffici pubblici esiste una relazione inversa. Se vogliamo sradicare le ruberie, le malversazioni, gli sprechi, fratelli siamesi delle pratiche post-terremoto, dobbiamo troncare di netto l’intermediazione superflua tra denaro pubblico e impieghi risarcitorii. Lo Stato dovrebbe dire alle vittime del terremoto: “Ti risarcisco ciò che hai perduto a due/tre volte il valore e tu mi firmi una liberatoria che non potrai più pretendere altro in dipendenza del terremoto”. Lo Stato, a parte il resto, guadagnerebbe in assoluto. Se dividiamo le somme stanziate per gli effettivi danneggiati, otteniamo cifre di gran lunga più elevate di quelle materialmente finite poi nelle tasche dei terremotati. La differenza costituisce la parte del diavolo, finita non si sa in quali tasche, inutilmente per l’erario.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00