La scelta dei centristi  per il “No” nascosto

La data del 4 dicembre scelta dal Governo per la celebrazione del referendum è giustificata dalla necessità di mettere in sicurezza la legge di stabilità ma consente ai fautori del “No” di contestare a Matteo Renzi di aver spostato l’appuntamento referendario da ottobre al mese di Natale per avere tempo di ribaltare le previsioni che lo vedono sconfitto.

È probabile che se le previsioni della precedente primavera, indicanti il “Sì” trionfante con un largo margine di maggioranza, fossero state confermate, il Premier avrebbe accelerato i tempi del referendum per poter chiudere la partita a proprio vantaggio il più rapidamente possibile. Anche per avere il tempo di varare in tutta sicurezza la legge di stabilità. Invece è stato costretto a dilatare la campagna referendaria nella speranza di ribaltare i pronostici negativi.

Le notizie che provengono da Palazzo Chigi informano che per recuperare i consensi persi per strada Renzi moltiplicherà gli impegni, i confronti pubblici, le apparizioni televisive. In una parola punterà su se stesso, sostenendo ufficialmente la tesi che bisogna votare “sì” per cambiare il Paese ma confermando indirettamente ciò che a cercato di nascondere negli ultimi mesi. Cioè che il voto non riguarderà solo la riforma costituzionale ma soprattutto la sua persona.

Cacciata dalla porta, dunque, la personalizzazione renziana del referendum rientra prepotentemente dalla finestra. Ed è difficile che possa essere rimossa. Sia perché lo stesso impegno spasmodico del Presidente del Consiglio la riesuma e la trasforma nel motivo dominante dell’appuntamento referendario. Sia perché i fautori del “No”, consapevoli che sulla cacciata o sull’indebolimento di Renzi possono conquistare ampi consensi nel paese, non hanno alcuna intenzione di mollare la presa e di non evidenziare agli italiani ostili al Premier che il referendum è l’occasione storica per liberarsi dall’aspirante autocrate fiorentino.

Renzi sperava di conquistare alle ragioni del “Sì” una parte dell’elettorato di centrodestra presentandosi come l’unica alternativa al grillismo estremista. Ma, a parte che gran parte di quell’elettorato ha dimostrato a Roma ed a Torino di preferire l’estremismo alla stabilità renziana, il Premier ha il grande problema di tenere insieme su “Sì” la propria maggioranza. La sinistra del Partito Democratico voterà sicuramente e convintamente per il “No”. E questo mette già fuori gioco una fetta consistente dello schieramento formalmente governativo. Ma accanto a dissidenti del Pd c’è tutta l’area centrista che ha invano tentato di avere la revisione della legge elettorale a loro favorevole in cambio del “Sì” nel referendum, ma che oggi si va sempre più convincendo che solo la vittoria del “No” potrà obbligare Renzi a cambiare l’Italicum in modo tale da assicurare la loro sopravvivenza.

Non bisogna sottovalutare l’interesse reale dell’area centrista governativa. A parole si dicono al fianco di Renzi. Nei fatti si stanno convincendo che se non vince il “No” e l’obbligo di una nuova legge elettorale per loro è finita! Ed il loro voto nascosto può essere determinante!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07