Il verso giusto della partita referendaria

“Inutile girarci intorno: i voti di destra saranno decisivi al referendum”. Parola di Matteo Renzi. Tutto messo nero su bianco nell’intervista concessa al quotidiano “Il Foglio” di Claudio Cerasa. Il giovanotto che staziona a Palazzo Chigi ha centrato la questione nodale della storia italiana: le trasformazioni epocali passano se coinvolgono il sentire della parte maggioritaria del Paese che non è di sinistra, ma di destra. Fin troppo variegata, d’accordo! In permanente conflitto interno, ma pur sempre destra. Renzi fa i conti con la realtà a suo modo. Sceglie la forma ammiccante e subdola della politica da piccolo cabotaggio per scompaginare il campo nemico. Contando di avere in tasca i voti del centrosinistra, punta a pescare nel centrodestra attraverso un’esca già sperimentata con successo in passato: far balenare la possibilità di una resurrezione del Partito della Nazione.

Insomma, un di-nuovo-tutti-a-bordo che dovrebbe funzionare, nelle sue intenzioni, come il metadone per i “tossici” in crisi di astinenza. Lo si potrebbe accusare di ignorare il senso della decenza. E non a torto. Ma si tratta comunque di un giudizio morale sull’individuo che non incide sul piano politico. Renzi ha tutto il diritto di rivolgersi al popolo di centrodestra per indurlo a votare per il “Sì”. È parte costitutiva della meccanica democratica la conquista dell’altrui elettorato. Insomma, fa il suo mestiere. Il punto è un altro: le attenzioni interessate del capo del centrosinistra riusciranno a sortire gli effetti desiderati? Il discorso non può che ricadere sulla classe dirigente del centrodestra. Cosa sta facendo di concreto per diffondere le ragioni del proprio no alla riforma costituzionale? Se Renzi tenta lo sfondamento di campo vuol dire che ha registrato tra gli elettori del centrodestra scarsa chiarezza e disorientamento sui contenuti della riforma e sulle loro conseguenze nella vita quotidiana della nazione. Sarebbe il caso che, di là dagli sforzi di alcune persone di buona volontà che non si risparmiano nello spiegare agli italiani cosa ci sia che non va nel cambiamento proposto dall’attuale maggioranza parlamentare, la “Coalizione” nel suo complesso si prendesse la briga di fare il proprio mestiere comunicando con maggiore efficacia agli elettori le ragioni del “No”.

Invece, si avverte la sgradevole sensazione che gli esponenti politici del centrodestra siano concentrati a nutrire vicendevoli diffidenze e sospetti in vista dei personali riposizionamenti negli agognati, ma nient’affatto certi, scenari di un ipotetico dopo-Berlusconi. Il prossimo 4 dicembre vincerà chi avrà maggiormente mostrato di credere nelle proprie tesi. Il clima da ultima spiaggia invocato da un Renzi apocalittico che definisce la sua riforma “un treno che passa una volta e la seconda volta non ricapita più” va in questa direzione. Chi si oppone deve fare lo stesso, anche trasformare, se occorre, il Parlamento nel Vietnam dei tempi di Ho Chi Minh.

Renzi intende usare la legge di stabilità come un bancomat per comprare i voti per il “Sì”? Il centrodestra deve salire sulle barricate per non lasciare i Cinque Stelle da soli a recitare la parte degli eroi della resistenza a questo Governo. Perché il non-detto di Renzi al suo interlocutore de “Il Foglio” è che a destra non si vince soltanto il referendum. Se il centrodestra non si dà la sveglia, la partita del rinnovo del prossimo Parlamento si ridurrà a uno scontro a due, centrosinistra e Cinque Stelle, che ridefinirà in Italia il perimetro del bipolarismo dei prossimi anni. E il centrodestra pensa di restare a guardare facendo del proprio campo, per dirla con Dante: Ahi serva Destra, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59