La protesta a Gorino   non è che l’inizio

La piccola sollevazione dei piccoli cittadini di Gorino non è che l’inizio. Le ribollenti dichiarazioni di ministri, parlamentari, prefetti, prelati, giornalisti, dimostrano che costoro non hanno capito niente di ciò che biasimano. Sragionano a testa vuota. Ribolle il ministro dell’Interno, affermando che quei “gorini” non sono italiani. I parlamentari politicamente corretti ribollono contro la grettezza della “non accoglienza”. I prefetti ribollono vergognandosi dei concittadini che pagano i loro stipendi. I prelati ribollono, ma religiosamente, contro la crudeltà dei loro fedeli. Infine i giornalisti ribollono contro la resa dello Stato. Costoro, ripeto, non hanno capito che Gorino non è che l’inizio. Chiunque può dire quel che vuole circa la decisione di bloccare l’arrivo di alcune donne immigrate che il prefetto voleva alloggiare nel paesino, requisendone l’unica struttura alberghiera, compresa la stanza della proprietaria.

Cattiveria, egoismo, razzismo, xenofobia, interessi, paura, prudenza, eccetera: tutto questo ed altro può aver spinto quei cittadini a sollevarsi e opporsi al decreto del prefetto che, dopo aver inviato la forza pubblica a rimuovere il blocco stradale, ha dovuto fare marcia indietro e dirottare le donne altrove. Resta che i casi di Gorino sono l’ennesima prova, ed eclatante, di un sentimento profondo che va crescendo nei confronti dello Stato quanto alla politica governativa verso l’immigrazione. Tale sentimento è la diffidenza, dalla quale scaturisce la resistenza, prima morale e sociale, poi politica fino alla violenza. Costoro hanno trasformato il diritto d’asilo di pochi in dovere d’accoglienza di tutti da parte di tutti. Costoro, proprio loro, sembrano ignorare l’insegnamento di Carlo Marx secondo cui la quantità modifica la qualità dei fenomeni.

In particolare, i preti sembrano dimenticare che gli Stati non si governano con i Padrenostri e accogliere i perseguitati non è senza limiti. Se no, la barca che salva l’ultimo perseguitato affonda per averlo salvato. I prefetti, a loro volta, non dovrebbero fare la faccia feroce contro gl’Italiani e atteggiarsi a intrepidi paladini degli stranieri, perché i diritti dei connazionali sono superiori, comunque non inferiori, ai diritti dei forestieri. Quanto ai giornalisti, quorum ego, non me ne ricordo tanti tuonare contro i blocchi stradali, ferroviari, marittimi, stradali, quando qualche pattuglia di sindacalisti e sindacalizzati impediva e conculcava la libertà di movimento della massa dei cittadini incolpevoli.

Quando c’è di mezzo la sistemazione degli immigrati, i cittadini coinvolti hanno tutte le ragioni di diffidare, quanto i cittadini non coinvolti. Infatti gli uni e gli altri constatano che la parola dello Stato vale poco e niente perché nelle sue segrete stanze politiche e burocratiche l’autorità vuole e disvuole, promette e non mantiene, lusinga e disillude. Non scorgono la linea retta di un indirizzo governativo stabile, chiaro, predefinito. Mancando il quale, la diffidenza ineluttabilmente dovrà crescere fino a scoppiare in aperta contestazione, anche violenta, delle cervellotiche decisioni contingenti di questi governanti alla giornata.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:02