Come garantire rappresentatività e governabilità

Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni ed anche Beppe Grillo. Tutti i leader dei principali partiti hanno messo le carte in tavola in vista della Consulta della prossima settimana sulla legge elettorale. Ma nessuna di queste carte ha un valore definitivo. Servono a chiarire alcuni aspetti importanti ma non decisivi della partita che si giocherà in occasione delle future elezioni politiche. Renzi ha celebrato il proprio rientro all’insegna della voglia di rivincita, Berlusconi ha confermato che non esce di scena e spera nella sentenza di Strasburgo per rilanciare la propria candidatura, Salvini ha ribadito l’intenzione di puntare alla leadership di un centrodestra lepenista, la Meloni ha marcato ancora una volta le distanze dall’area centrista dello schieramento moderato.

Si è trattato di prese di posizioni importanti ma segnate da un valore relativo che lascia a ciascun leader un ampio margine di manovra in vista delle indicazioni sulla legge elettorale destinate ad essere prodotte dalla Corte costituzionale.

È chiaro, infatti, che i partiti non sono in grado in questo momento di definire il quadro dei rapporti e delle alleanze da realizzare nella prossima legislatura e subordinano ogni loro decisione in merito al modello di legge che verrà dalla Consulta e su cui il Parlamento dovrà necessariamente pronunciarsi per definire la sostituzione dell’Italicum.

Se i partiti avessero chiaro il modello di sistema politico da realizzare, non avrebbero avuto bisogno di aspettare la Consulta per definire la legge elettorale. Invece tutti brancolano nel buio ed aspettano l’illuminazione della Corte costituzionale prima di compiere una scelta definitiva. Con la segreta convinzione di poter trovare comunque una via d’uscita attraverso il riscorso ad una legge proporzionale che serva a perpetuare l’incertezza assicurando a ciascun partito di uscire dalle elezioni con la speranza di poter entrare nella coalizione di governo.

Ma questa speranza ha una controindicazione su cui poco si riflette. Un Parlamento nato da una legge totalmente proporzionale non avrebbe alcuna possibilità di esprimere un qualche governo. Nessuna riesumazione del Patto del Nazareno consentirebbe a Renzi e Berlusconi di dare vita ad una maggioranza. E visto che il Movimento Cinque Stelle sarebbe indisponibile ad accordi di governo con altre forze politiche, anche l’ipotesi di governi di sinistra risulterebbe di impossibile realizzazione. Come, ovviamente, quella di un governo di centrodestra realizzato da Salvini, Berlusconi e Meloni.

E allora? Come se ne può uscire da questo stallo? Di sicuro non con il premio di maggioranza al partito con più voti, che affiderebbe il governo del Paese ad una forza rappresentante al massimo un terzo degli italiani. Ma forse con un premio di maggioranza per la coalizione vincente proporzionale ai voti conquistati. Che servirebbe a creare non una maggioranza, ma un polo attorno a cui costruire più facilmente una coalizione di governo.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:56