La rivoluzione del cinque per cento

La vera novità della nuova legge elettorale non è l’abolizione dei capilista bloccati e neppure la precedenza data ai vincitori nei collegi rispetto a quelli dei listini nel proporzionale. L’innovazione vera e più profonda è quella dello sbarramento al cinque per cento destinato ad impedire l’ingresso in Parlamento dei partiti minori.

Negli anni Ottanta del secolo scorso l’idea della semplificazione del quadro politico attraverso la quota di sbarramento del cinque per cento era stata accarezzata da parecchi esponenti politici, in particolare dal leader socialista Bettino Craxi. È impossibile sostenere che se una misura del genere fosse stata realizzata avrebbe consentito di evitare la caduta rovinosa del sistema politico fondato sul proporzionale e rimasto in vita per alcuni decenni nel secondo dopoguerra. Ed è altrettanto impossibile sostenere che grazie a tale innovazione il ritorno del proporzionale riuscirà a dare stabilità a un sistema che rispetto a quello del passato presenta una differenza di fondo rappresentata dalla presenza di un partito antisistema come quello dei Cinque Stelle che non può essere in alcun caso paragonata a quella di un Pci forte della sua partecipazione alla Resistenza e alla formazione della Repubblica.

Solo il tempo, quindi, potrà consentire di valutare gli effetti dello sbarramento sulla stabilizzazione complessiva del quadro politico. Invece fin da adesso è possibile prevedere le conseguenze immediate sulle forze politiche per cui l’asticella del cinque per cento costituisce una sfida stimolante ma estremamente pericolosa. Nel centrodestra Fratelli d’Italia può giocare con serie possibilità di riuscita la partita della propria sopravvivenza. In alternativa può cercare di realizzare una sorta di legame confederale prima del voto con la Lega o con Forza Italia. Ma non dovrebbe avere problemi nel rientrare in Parlamento sia in modo diretto che in maniera più tortuosa. Lo stesso vale per l’area della sinistra antirenziana che se riuscirà a superare il tradizionale settarismo delle varie fazioni dovrebbe riuscire agevolmente a dare vita a una aggregazione attorno a Giuliano Pisapia strappando voti non solo al Partito Democratico ma anche ai Cinque Stelle.

Le vere difficoltà difficilmente superabili riguardano la cosiddetta area centrista, dove ai tanti generali in competizione tra di loro non corrispondono truppe elettorali adeguate alle ambizioni in campo. Angelino Alfano si dice convinto di riuscire a creare un’aggregazione in grado di superare il cinque per cento. Ma il tempo per mettere insieme una schiera del genere è poco. E tutto lascia credere che per la prima volta nel corso della storia repubblicana l’area un tempo presidiata dalla Democrazia Cristiana non avrà una rappresentanza politica diretta.

Aggiornato il 07 giugno 2017 alle ore 22:21