La Raggi come Ambra? Ci sta

Noi siamo, catodicamente parlando, innamorati della mitica Ambra (ci riferiamo naturalmente alla Angiolini che, come pochi sanno, era già un personaggio appena 14enne quando fu selezionata in un provino della Fininvest per “Bulli e pupe” dove, però, era una semplice figurante). Già un anno dopo, o poco più, le veniva assegnato l’Oscar della Tv, ovvero il “Telegatto”, grazie a una trasmissione pomeridiana dove fu persino conduttrice nel ruolo della sfrontata Lolita. Poi, si sa, la sua carriera fu sempre in ascesa, anche con Pippo Baudo, con Gerry Scotti e con l’immortale Mike Bongiorno.

Ambra trovò il tempo di apparire in qualche film per la televisione, come “Favola” e nel ruolo di Salomè in “Maria Maddalena” e anche nel “Gian Burrasca” di Rita Pavone. Ci fermiamo qui perché ci interessano i paragoni, sia pure leggermente forzati ma che danno l’idea, ci piacciono le similitudini un po’ ardite fra passato e presente purché servano a una riflessione politica. Ma non senza sottolineare una del ragioni del successo di questo personaggio che ha segnato una pagina importante della nostra tivù. Una delle ragioni, meglio uno dei segreti agli esordi della sua travolgente carriera con “Non è la Rai” ha un nome, quello di Gianni Boncompagni. Boncompagni lo ricordano gli anziani per i leggendari programmi radiofonici “Bandiera gialla” e “Alto gradimento” in combutta con un altro grande, Renzo Arbore. Ma siamo convinti che uno dei risultati più brillanti, probabilmente unico, resta quello del vero Pigmalione di Ambra. Pigmalione per semplificare, in realtà fu un geniale scopritore di talenti, un vero e proprio costruttore di personaggi come quello di Ambra Angiolini. Una simile creazione si basava essenzialmente su ciò che chiamiamo teleguida ma, a tutti gli effetti, era una speciale, straordinariamente visiva trasmissione del pensiero artistico, un plagio spettacolare tanto insistito quanto divertente, grazie anche alla bravura della plagiata Ambra che era controllata, creata, teleguidata dal suo Pigmalione tant’è vero che si diceva dei due che senza la creatività travolgente di Bongiovanni l’Ambra sarebbe rimasta una conduttrice qualsiasi.

Abbiamo pigiato forse fin troppo il pedale su questa importante figura per una ragione che è presto detta. Anche Virginia Raggi non si è costruita con le sue proprie mani, anzi, ma da Beppe Grillo e anche da Casaleggio padre. Senza quel duo, senza il Grillo, insuperato sputa-insulti e linciaggi della rabbia di un Paese con la bava alla bocca; senza il Casaleggio inventore e utilizzatore estremo di web e del blog, con tanto di slogan seducente eppure farlocco del tipo “uno vale uno”, Virginia non sarebbe sindaco di Roma. E non sarebbe, ovviamente, nel registro degli indagati. Perché, e dobbiamo scusarci con Ambra e Boncompagni per il paragone che comunque dà l’idea, la nostra Virginia - che pure è diventata garantista di se stessa assicurando la protezione di un Grillo scatenato moralizzatore e giustizialista contro un qualsiasi indagato degli altri partiti - era controllata, tecnicamente teleguidata e dunque sotto la tutela di Casaleggio figlio. Una chat rivela come costui, leader del Movimento 5 Stelle, scrivesse alla sindaca anche per le questioni di ordinaria amministrazione del Comune di Roma. E in un altro scambio di messaggini la Raggi e il suo ex braccio destro Raffaele Marra, ora in carcere, dimostra come quest’ultimo spadroneggiasse in Comune. Leader il Casaleggio, ma nel senso di padrone. La voce del padrone, appunto. Altro che “uno vale uno”. Neppure Ambra l’avrebbe immaginato. Ma tant’è.

Aggiornato il 26 giugno 2017 alle ore 13:10