Amministrative 2017: Il centrodestra stravince la sfida dei ballottaggi

Il barometro dava bel tempo. E domenica è stata una giornata radiosa. Il centrodestra ha vinto la maggioranza delle sfide dei ballottaggi, strapazzando malamente il centrosinistra.

Ora, per quanto il Partito Democratico cerchi di minimizzare, non si possono tacere alcuni risultati che, dal punto di vista psicologico, hanno un impatto gigantesco. Vincere a Genova, a La Spezia, a Sesto San Giovanni e a Pistoia, città storicamente rosse, non è fatto irrilevante. La conquista di 15 città-capoluogo sulle 22 che erano interessate dalla sfida dei ballottaggi è un risultato straordinario che inverte un trend consolidatosi durante l’intero arco di durata della Seconda Repubblica.

È del tutto evidente che le prove date dal centrodestra nelle regioni nelle quali governa hanno cominciato a produrre frutti. C’è un effetto Liguria che ha funzionato. Nondimeno, le lusinghiere affermazioni in Lombardia e in Veneto dimostrano che il modo più efficace di convincere l’elettorato non sia determinato dalle parole ma dalle buone opere. E quando si ha l’occasione di mettere modelli di gestione a confronto, com’è accaduto a L’Aquila, si ottengono risultati sorprendenti. Dopo anni di strapotere della sinistra, la città simbolo dell’emergenza sismica ha voltato pagina. Probabilmente il fango delle calunnie rovesciato sulla ricostruzione dell’era Berlusconi-Bertolaso ha travolto la sinistra nel momento in cui la popolazione aquilana ha assistito al disastro della gestione Renzi-Gentiloni del dopo-terremoto nell’Italia centrale.

Se molteplici sono le ragioni di un successo annunciato, altrettanti sono gli spunti di riflessione che devono indurre i leader del centrodestra a ricalibrare la strategia in vista delle prossime scadenze. Intanto, il messaggio giunto dalla maggioranza degli italiani è che, a destra, si vuole una coalizione unita. Inoltre, il centrodestra vince dove tutte le sue componenti agiscono da traino. È accaduto nei comuni del Nord e del Centro e i risultati lo testimoniano. Non altrettanto, invece, si è verificato al Sud, con l’eccezione di Catanzaro dove la chiave del successo del sindaco Sergio Abramo è stata nel puntare al rinnovamento della squadra che l’affiancherà nell’amministrazione della città. Il che rilancia una considerazione più generale sui nuovi paradigmi della politica. La vittoria anche in realtà difficili è stata determinata dalla capacità dei vertici dei partiti di proporre candidature convincenti privilegiando figure note al territorio, vicine alla gente, che fossero in grado di relazionarsi con i problemi delle comunità. Non ci sono state invece le temute imposizioni di nominativi avulsi dai contesti. Se qualcosa di positivo ha insegnato questo turno elettorale è che i candidati giusti sono quelli che emergono dal basso e non quelli paracadutati dall’alto.

Ora che la vittoria può essere archiviata, resta il dilemma del “Che fare?” per il futuro. Finora Silvio Berlusconi ha puntato sul varo di una legge elettorale che privilegiasse la rappresentatività rispetto alla governabilità. Sulla scelta ha fatto aggio il convincimento che l’Italia di oggi fosse diventata tripolare. Ma, dati alla mano, la realtà è ben diversa. Il Paese resta fondamentalmente legato al bipolarismo dell’alternanza destra-sinistra. L’affondamento dei Cinque Stelle al primo turno lo certifica. Tuttavia, emerge potente un’istanza di un bipolarismo qualitativo che neutralizzi la prassi del confronto brutalmente muscolare. L’elettorato chiede aggregazioni di forze supportate da programmi concreti e da personaggi affidabili. I temi che hanno fatto breccia sono principalmente quelli della sicurezza e delle soluzioni da opporre al perdurare della crisi economica. Il dato saliente che deve far riflettere è che anche Forza Italia ha raccolto consenso non nelle tradizionali fasce dell’elettorato moderato ma nelle aree del disagio delle periferie urbane e nelle piccole comunità della provincia dimenticata dalla politica del centrosinistra.

Protesta, malessere, emarginazione sociale, povertà sono diventati i nuovi fattori di spinta del movimento berlusconiano. Come non tenerne conto? A questo punto, un ripensamento sull’opportunità di introdurre nella riforma elettorale elementi di maggioritario che favoriscano il ritorno delle coalizioni s’imporrà nell’agenda politica di Forza Italia. Azzardiamo una previsione: qualcosa di decisivo accadrà nei prossimi giorni. E potrebbe somigliare a un nuovo predellino.

Aggiornato il 26 giugno 2017 alle ore 22:25