Attenzione alla trappola libica

In apparenza appare fin troppo giustificata e apprezzabile la richiesta del premier di Tripoli, Fayez al-Sarraj, di un supporto tecnico di navi militari italiane per contrastare i trafficanti di migranti. La Marina tripolina è praticamente inesistente. E se il governo libico riconosciuto dall’Italia e dall’Onu chiede al nostro Paese un aiuto tecnico per contrastare militarmente i nuovi schiavisti, che stanno provocando l’immissione forzata nella nostra società di centinaia di migliaia di disperati, non sembra esserci altra reazione che quella dell’adesione immediata all’iniziativa di al-Sarraj. Tanto più che questa iniziativa giunge all’indomani del vertice di Parigi tra Emmanuel Macron, lo stesso al-Sarraj e il generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar, l’uomo forte sostenuto da Egitto, Arabia Saudita ed Emirati che controlla la metà della Libia compresa la Cirenaica. E sembra ridare un ruolo e uno spazio a un’Italia che la sortita del presidente francese sembra aver marginalizzato e umiliato.

Dietro tanta apparenza più che positiva si agitano, però, degli interrogativi inquietanti che non possono essere taciuti. Il primo riguarda il tipo di intervento tecnico che al-Sarraj chiede all’Italia. Che se deve servire a combattere i moderni schiavisti non può limitarsi a una semplice azione di pattugliamento e di polizia, ma deve necessariamente avere risvolti di natura militare. In linea di principio non ci sarebbe nulla di riprovevole di un impiego militare della Marina italiana. Da decenni l’Italia partecipa a spedizioni di natura bellica in nome delle più disparate ragioni umanitarie. E contrastare lo schiavismo moderno è una ragione decisamente più forte, ad esempio, di quella che giustifica la presenza dei nostri soldati in Iraq o in Afghanistan.

Ma non è stato detto in passato da tutti i più disparati personaggi della scena libica, al-Sarraj compreso, che una qualsiasi mossa militare italiana sulla “quarta sponda” scatenerebbe la reazione congiunta di tutte le tribù e le milizie contro il neo-colonialismo italico?

A questo interrogativo ne segue automaticamente un altro. Visto che al-Sarraj è troppo debole per stipulare un accordo paritario con il rivale Ḥaftar, non è che il premier di Tripoli ha pensato bene di garantirsi un appoggio militare dell’Italia per meglio fronteggiare il suo competitore?

Questi interrogativi fanno parte di una unica preoccupazione. Quella di evitare che il nostro Paese finisca trascinato nelle sabbie mobili libiche per l’interesse personale di al-Sarraj senza neppure rendersi conto del rischio a cui va incontro. Un timore del genere non deve escludere l’eventualità di un qualche impiego della forza contro lo schiavismo. Ma a muovere questa forza ci deve essere un consapevole interesse nazionale, non una colpevole passività rispetto agli interessi altrui.

Aggiornato il 28 luglio 2017 alle ore 21:10