Investimenti elettorali o infrastrutturali

Sul suo blog “Phastidio.net”, l’economista Mario Seminerio ci ricorda, citando a sua volta un dettagliato articolo di Enrico Marro pubblicato sul Corriera della Sera, che gli investimenti pubblici continuano mestamente a languire.

Solo nel 2016, ovvero l’anno all’insegna della flessibilità europea, gli stessi investimenti hanno subìto un ulteriore calo del 4,5 per cento. Tutto ciò nonostante i proclami di chi allora governava l’Italia a colpi di slogan, il giovin Matteo Renzi, chiedendo all’Europa di consentirci di fare più sviluppo in barba alla presunta austerità imposta dai cosiddetti burocrati di Bruxelles.

In realtà, ed è questo l’elemento politicamente rilevante da spiegare con chiarezza a un popolo devastato dalla propaganda di tutti i colori, in questo disgraziatissimo Paese è in atto da molto tempo una nefasta tendenza che porta la mano pubblica a “investire” crescenti risorse nella spesa corrente a totale detrimento del sistema infrastrutturale. Per dirla in modo ancor più semplice: la sfera politica nel suo complesso è orientata fortemente ad acquisire in tempi brevi il proprio consenso, elargendo massicce dosi di pasti gratis a pioggia, anziché riqualificare la colossale spesa pubblica con veri investimenti pubblici.

Accade invece, tanto per fare un esempio di attualità, che si preferisca assumere altri 58mila addetti, tra insegnanti e bidelli, nella nostra elefantiaca “buona scuola”, invece di impiegare le medesime, ingenti risorse nella costruzione o nell’ammodernamento di strade, porti e ferrovie.

D’altro canto, al di là di qualunque sofisma propagandistico, il progressivo calo dei medesimi investimenti pubblici, visibile in ogni ambito di una Penisola che cade letteralmente a pezzi, costituisce la prova indiretta del gigantesco e inesorabile meccanismo di scambio che oramai da molto tempo regola a tutti i livelli la democrazia italiana. Crollano i viadotti e sulle strade si aprono costantemente voragini, mentre continuano a crescere le piante organiche dei vari apparati pubblici e chi governa si preoccupa essenzialmente di elargire bonus e regalie.

In soldoni, l’Italia ha una spesa pubblica che corrisponde quasi al 55 per cento del Pil ma fatica a trovare i quattrini solo per garantire l’ordinaria manutenzione delle nostre pur modeste infrastrutture. È questa l’amara verità di una democrazia di Pulcinella la quale, andando dietro alle illusorie speranze dei pifferai magici di turno, secondo i quali si può sempre avere una botte molto piena con tante mogli ubriache, è destinata a morire disperata.

Aggiornato il 11 agosto 2017 alle ore 17:38