Okkupazioni e stupri, i salotti vogliono ancora lo Ius soli?

Per gli immigrati stiamo rischiando tanto e gli stupri di Rimini sono solo un piccolo campanello d’allarme. Dopo Piazza Indipendenza ecco arrivare Tiburtino III. Si accendono ovunque i fuochi di un popolo che non ne può più. Di degrado, illegalità, furbizie ma anche di un modello culturale che oramai poco ha a che vedere con la gente comune, con il popolo appunto. È un popolo stanco di tollerare occupazioni abusive, fatte da professionisti dei centri sociali con l’aiuto di immigrati clandestini e associazioni “umanitarie”. Di palazzi con dentro televisioni al plasma, parabole e computer, okkupati da persone con telefonini di ultima generazione. Di soldi sprecati per mantenere parassiti, per dispiegare forze di polizia prese a sassate e a colpi di bombole del gas. Di Medici senza Frontiere, Croce Rossa e altre associazioni con obiettivi ideologici ed economici oramai palesemente in prima fila rispetto a quelli umanitari.

È un popolo che si ribella agli editorialisti, ai commentatori televisivi, perfino a Santa Romana Chiesa. Non ne può più di buonismo, ma soprattutto di continue, quotidiane, colossali prese in giro. Cornuti, i cittadini romani pagano le tasse più elevate d’Italia, mantengono migliaia di clandestini, pochi rifugiati e tanti rom. E mazziati, moltissimi sono gli italiani senza lavoro, soprattutto giovani, molti quelli senza casa, pur stando in graduatoria da anni. Del politically correct insomma non se ne può più, perché di politicamente corretto si muore, muore l’identità di un popolo e la libertà di una città, resa ostaggio da violenti, paraculi e da delinquenti che a quanto pare chiedevano il pizzo anche a dei poveri ragazzi venuti in clandestinità dall’Africa.

Roma Capitale e la sindaca Virginia Raggi, che finora non si erano accorti di quanto accadeva a Piazza Indipendenza, hanno offerto case e servizi sociali a questi occupanti, che però hanno gentilmente rifiutato. Chi occupa abusivamente può permettersi perfino questo lusso: rifiutare una casa che, invece, migliaia di romani agognano da anni in graduatoria. Fino a ieri pazientemente, a quanto pare ora non più. E questo sarà il primo rischio per Roma.

Poi Tiburtino III. Fino a ieri si diceva che i clandestini non facevano nulla di male. Tralasciando il fatto che dall’Italia ci arrivano ben altre notizie, la questione era per noi duplice. Da una parte una scarsa percezione di sicurezza che si respira attorno a questi enormi hub che ospitano numerosi immigrati, di cui quasi nessuno rifugiato. E quindi la rinuncia alle proprie abitudini, i condizionamenti continui, soprattutto per i cittadini più deboli. Dall’altra il rischio che, in prospettiva, un ragazzone venuto dall’Africa con poca voglia di lavorare potesse iniziare a soffrire la noia del “dolce far nulla” che si respira in queste strutture e iniziare così a vagabondare per i quartieri con strane idee per la testa. E gli stupri di Rimini, con i minorenni marocchini in attesa dello Ius soli che vuole il Partito Democratico, sono un piccolo campanello d’allarme.

Perché è questo ciò che si rischia tra qualche mese, è questo ciò che si rischia a maggior ragione tra qualche anno, quando le decine e decine di migliaia di immigrati non rimpatriati, una volta terminati i fondi pagati da noi per il loro mantenimento, gireranno per le nostre strade disperati, abituati a non lavorare per vivere. Altro che immigrati di seconda generazione, avremo già immigrati, ingrati e incazzati, di prima generazione. Carne fresca per il terrorismo del futuro.

È questo ciò che deve comprendere Papa Bergoglio, e anche buona parte della Chiesa. E lo dico da credente. È vero, come si suol dire, che i nostri sacerdoti devono dire questo, ma in ballo c’è il futuro di un popolo, di una comunità nazionale, di tessuti sociali e culturali di tante città costruitisi a fatica nel tempo. Rischiamo tanto, non solo il collasso del sistema democratico come dice il ministro Marco Minniti, ma il disorientamento e l’alienazione propri di un popolo che è stato costretto a rinunciare alle propri consuetudini, ai propri valori, alla propria libertà. E questo soprattutto per colpa di un governo di inetti e di tanti italiani che, disadattati, vivono in un altro mondo, non quello del popolo, ma quello dei salotti e dei centri sociali.

(*) Consigliere regionale del Lazio e membro dell’Assemblea nazionale di Fratelli d’Italia

Aggiornato il 04 settembre 2017 alle ore 20:20