Si scrive Rousseau ma si legge Lenin

Non ci sono dubbi su come finirà la consultazione on-line tra i militanti del Movimento Cinque Stelle su chi dovrà essere il candidato premier del partito alle prossime elezioni. La scelta di Beppe Grillo e Davide Casaleggio è caduta da tempo su Luigi Di Maio ed è assolutamente scontato che una sorta di plebiscito sancirà l’elezione del giovanissimo vicepresidente della Camera dei deputati a leader dei movimento grillino.

Ha pienamente ragione chi denuncia la contraddizione tra la pretesa dei Cinque Stelle di dare vita a una forma di democrazia diretta e la realtà che vede il candidato alla premiership scelto solo dai due capi-padrone del movimento. Ma il vero motivo di preoccupazione non è la designazione autoritaria spacciata per democrazia diretta. Nei partiti fondati sul cesarismo, nel nostro caso il cesarismo di Grillo e Casaleggio, è assolutamente normale che le scelte dei capi vengano sempre e comunque avallate dal consenso della base.

L’aspetto più interessante e pericoloso della vicenda è che la democrazia di base dei Cinque Stelle si risolverà in una consultazione interna riguardante una minoranza ristrettissima non solo del corpo elettorale della nazione ma dello stesso elettorato grillino. Il tutto in base a regole non derivanti da una qualche norma di portata generale, ma frutto di quelle convenienze interne dirette a non sconfessare mai le decisioni dei capi supremi.

La faccenda non costituisce una novità. I parlamentari grillini dell’attuale legislatura, scelti attraverso le consultazioni in Rete, svolgono la loro funzione sulla base di poche manciate di voti. Più che di democrazia diretta si dovrebbe parlare di democrazia di condominio. Ma nel caso della scelta del candidato premier, cioè di chi dovrebbe guidare il governo del Paese in caso di vittoria elettorale del Movimento di Beppe Grillo e Davide Casaleggio, dalla democrazia del condominio si passa a un fenomeno diverso segnato dal ruolo di ristrettissime minoranze che attraverso l’uso spregiudicato delle nuove tecnologie si presentano al Paese come gli interpreti di una presunta e inesistente volontà generale.

I partecipanti al plebiscito pro Di Maio saranno una percentuale infinitesimale del corpo elettorale. Ma saranno presentati come i portatori dei sentimenti e delle richieste del popolo italiano. Il tutto a dimostrazione che si scrive Rousseau ma si legge Lenin!

Aggiornato il 20 settembre 2017 alle ore 21:34