Il silenzio sul 20 settembre

Mai come quest’anno il tradizionale silenzio e il crescente disinteresse con cui viene celebrata la data del 20 settembre sono risultati non solo ingiustificati ma soprattutto inattuali. È comprensibile che a distanza di poco meno di centoquarant’anni si sia perso il significato che Porta Pia ebbe nei confronti delle generazioni che avevano compiuto sacrifici per l’unificazione del Paese e di quelle immediatamente successive alla breccia. Così come è sicuramente accettabile che nessuno nel nostro Paese e nel mondo avverta più né la soddisfazione per la fine del potere temporale della Chiesa, né la preoccupazione che l’aver perso il proprio stato avrebbe potuto far perdere alla stessa Chiesa l’autonomia, l’indipendenza e la libertà. La “questione romana”, intesa come rifiuto del mondo cattolico dell’identità nazionale italiana per paura di una Chiesa sottoposta ad una autorità estranea ed ostile, è stata risolta da tempo. Dal Concordato del ’29, che agli occhi degli storici frettolosi e politicamente corretti appare solo come una furbata mussoliniana per ingraziarsi il Papa e non come la conclusione di un processo decisivo per il consolidamento dell’Unità nazionale avviata da Camillo Benso Conte di Cavour con la formula del “libera Chiesa in libero Stato”. Fino al secondo dopoguerra segnato non solo dalla fine della separazione dello Stato italiano e della Chiesa ma, addirittura, nell’identificazione del regime democristiano con il Vaticano e le sue gerarchie.

Perché, allora, celebrare il 20 settembre se i motivi della sua celebrazione o esecrazione sono svaniti da tempo? Semplice, perché è in atto una nuova ed egualmente significativa e importante “questione romana”. Quella che, a differenza della prima fondata sul timore del Papa di perdere la propria indipendenza, è costituita dalla volontà del Papa di liberare la Chiesa dall’identificazione con l’Italia del secondo dopoguerra e globalizzare il cattolicesimo della misericordia a scapito dell’identità nazionale ed europea del nostro Paese.

Il sostegno promesso da alcune autorità ecclesiastiche al Governo Gentiloni per l’approvazione in Parlamento dello Ius soli non è solo un’interferenza, ma è soprattutto la conferma che solo dissolvendo l’identità nazionale ed europea italiana sia possibile realizzare nel nostro Paese quella società multietnica e multirazziale di cui il cattolicesimo globalizzato di Papa Bergoglio vorrebbe essere il fattore identitario e propulsivo.

Il 20 settembre, allora, andava festeggiato denunciando questa “seconda questione romana”. Per informare l’opinione pubblica che presto o tardi bisognerà sollecitare il ritorno dei bersaglieri!

Aggiornato il 22 settembre 2017 alle ore 22:00