Le pericolose semplificazioni del M5S

Mercoledì scorso è andato in onda su La7, nel salotto di Lilli Gruber, un interessante dibattito sul Movimento Cinque Stelle. Ospiti della serata Marco Travaglio, Gianrico Carofiglio e Lucio Caracciolo. I primi due, in particolare, se le sono date bonariamente di santa ragione in merito al giudizio di fondo sul cosiddetto non-partito gestito col pugno di ferro dal comico Beppe Grillo.

Personalmente ho trovato molto ragionevole il punto di vista espresso dallo scrittore, nonché ex magistrato, Carofiglio, il quale ha definito il M5S una sorta di agenzia del rancore, la cui rapida crescita elettorale si baserebbe su una pericolosa semplificazione delle complesse categorie della politica. A tutto ciò ha ribattuto il direttore de “Il Fatto Quotidiano”, confermandosi in qualche modo nella vesta di erudito fiancheggiatore di tale, supposta semplificazione, con un fritto misto di argomenti a metà strada tra il giustizialismo da bar e il populismo da stadio. In sintesi Travaglio, dopo aver sottinteso la solita dicotomia tra classe politica incapace e corrotta e cittadini comuni probi e onesti, e per questo meritevoli di ogni cura, ha così tuonato: “Abbiamo avuto Previti ministro della Difesa. Abbiamo avuto Dell’Utri in Parlamento, ce lo ricordiamo?”. Inoltre, sottolineando la disparità con cui a suo avviso la stampa nazionale starebbe trattando i guai giudiziari del sindaco di Milano Giuseppe Sala, in quota al Partito Democratico, e quelli del suo collega grillino di Bagheria, indagato con obbligo di firma, ha così concluso: “Poi uno si meraviglia se la gente ha il rancore. E certo che ha il rancore. Quando vede trattare in modo impari i partiti e gli esponenti dei partiti a secondo di quello che fa comodo e di quello che non fa comodo, poi la gente s’incazza e vota Movimento Cinque Stelle, e io personalmente la capisco!”.

Ora, in primis a Travaglio, come giustamente rilevato da Carofiglio, sembra sfuggire la quisquilia secondo cui qualunque problema giudiziario a carico dei grillini fa obiettivamente più notizia rispetto ad altre forze politiche, avendo i primi fatto dell’incorruttibilità la propria bandiera politica. In pratica equivale al classico uomo che morde il cane da sbattere in prima pagina.

In secondo luogo, ed è questo a mio avviso l’elemento su cui riflettere maggiormente, ostinarsi nella narrazione di un popolo fondamentalmente pio e onesto dominato da una casta di perfidi profittatori – narrazione che molti al pari di Travaglio usano per evidenti ragioni di cassetta – non fa che contribuire all’istupidimento collettivo di un Paese che sembra sempre più incline a correre dietro a illusionisti e pifferai magici. E sebbene, al pari della sfera politica, con la facile semplificazione buoni/cattivi, onesti/disonesti, nuovi/vecchi e via discorrendo forse si vende qualche abbonamento in più, tuttavia non si rende certamente un buon servizio alla collettività.

Sarebbe invece il caso di affrontare sul piano sistemico i problemi che affliggono in modo particolare l’Italia, partendo dall’antipatico ma reale presupposto di una continua osmosi tra la cosiddetta società civile e la tanto bistrattata classe politica. Una classe politica di alieni provenienti dallo spazio profondo che, non si sa bene per quale strano destino, secondo Travaglio e tanti altri avrebbe deciso di invadere solo la nostra sfortunata Penisola. Mah!

Aggiornato il 25 settembre 2017 alle ore 11:41