Germania, stupor mundi

martedì 26 settembre 2017


Erano mesi che in Italia si attendeva il responso delle urne tedesche per il rinnovo del Bundestag, il parlamento federale, con lo stesso pathos che gli antichi riservavano ai vaticini dell’oracolo di Delfi. E alla fine il messaggio da Berlino è arrivato. Forte e chiaro.

La “Cdu”, con la consorella bavarese della “Csu”, vince (33%) ma arretra; i socialdemocratici della Spd (20,5%) sprofondano; la sinistra radicale di “Die Linke” conferma il suo radicamento (9,2%), come fanno i verdi di “Bündnis 90/Die Grünen”(8,9%); risorgono i liberali di “Fdp”(10,7%); sfonda la destra radicale di “Alternative für Deutschland” (12,6%). In soldoni, la signora Angela Merkel la sfanga per il quarto mandato da primo ministro ma dovrà cercarsi altri alleati per comporre la maggioranza di governo. Il vertice della Spd ha annunciato l’intenzione di sfilarsi dagli accordi con la destra moderata. Ciò vuol dire che il progetto di “Große Koalition”, che ha retto nella legislatura appena conclusa e che tanto piace ad alcuni moderati nostrani, è morto e sepolto. In democrazia le urne non mentono mai. Le convergenze al centro del sistema finiscono ineluttabilmente per rafforzare le ali estreme, con l’immediata conseguenza di rendere più instabile il quadro politico. Frau Merkel ha vinto ma non ha nulla da festeggiare perché la formazione del nuovo governo sarà una fatica molto impegnativa e dagli esiti tutt’altro che scontati. I media italiani la fanno facile a dire che si andrà a un governo “Giamaica”, dai colori delle tre forze che dovranno formare la nuova maggioranza: i popolari della Cdu-Csu, i verdi e i liberali. Ma sui temi più significativi di politica interna ed estera e, particolarmente, sul rapporto con l’Ue queste tre forze non la pensano allo stesso modo.

Tuttavia, c’è una lezione che la politica italiana può trarre dall’esito elettorale tedesco: l’amalgama di destra e sinistra non funziona. Come ugualmente non potrebbe funzionare in Italia una riedizione del “Patto del Nazareno”. Se il popolo di destra annusa nell’aria l’odore stantio dell’inciucio, si fa un regalo al Movimento Cinque Stelle o, al meglio, si gonfia il bacino dell’astensionismo già sopra i livelli di guardia. Il circuito mediatico del politically correct scopre con stupore che una destra radicale e oltranzista nell’Unione europea c’è e non è affatto in regressione come i media stessi si sono sforzati di far credere. Resiste con ampio consenso perché non sono state rimosse le cause del disagio sociale che hanno generato negli strati più deboli della popolazione, anche della ricca Germania, un moto di protesta al limite della rottura del patto sociale. La nostalgia del passato non c’entra nulla. Non stanno tornando Hitler e le croci uncinate. Più realisticamente sta crescendo un desiderio di riappropriazione identitaria annichilito dall’avvento mal gestito della globalizzazione. Nel voto di ieri l’altro ha pesato meno il record della produzione industriale e dell’export tedesco e più la maledetta notte di Colonia del capodanno di due anni orsono quando una folla di immigrati islamici che cercava di procurarsi piacere fisico diede vita a una vera e propria caccia alle donne.

Se la retorica radical-chic contro la destra oltranzista, xenofoba e antieuropeista non coglie nel segno del problema, come risolvere? Per quanto irrisa e oltraggiata in passato l’unica ricetta che ha dato risultati è stata la cosiddetta “anomalia berlusconiana”. Cioè la capacità strategica di inglobare anche le forze radicali all’interno della proposta politica della destra liberale e riformatrice. Tra le molte virtù benefiche che il centrodestra unito sprigiona vi è quella di metabolizzare la reazione di quella parte di popolazione che non vuole cedere a tutti i mutamenti imposti dalla globalizzazione, che vuole preservare il senso della propria identità comunitaria, che non vuole subire un flusso migratorio illimitato, che chiede più ordine e sicurezza, che desidera guardare negli occhi i propri rappresentanti politici, che non crede a un mondo governato da sistemi di potere sovraordinati agli Stati e da élite tecnocratiche impermeabili ai processi democratici.

Cosa ci salverà dalla deriva estremista che fa aggio sulla crisi delle grandi famiglie politiche europee? Ancora una volta il successo di quell’“anomalia”.


di Cristofaro Sola