Libia, il Consiglio d’Europa pretende chiarimenti da Roma

Ma cos’ha quest’Unione europea che non va? Se è schizofrenica si faccia curare da uno psichiatra ma lasci in pace gli italiani che di problemi ne hanno già tanti, di loro. Lo scorso 28 settembre è stata recapitata al Viminale una lettera del signor Nils Muiznieks, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Cosa chiede al nostro governo il funzionario di nazionalità lettone? Egli pretende chiarimenti dal governo italiano circa la natura degli accordi stipulati con le controparti libiche, istituzionali e non. 

In particolare, Muiznieks vuole sapere dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, quali misure siano state previste per garantire agli immigrati assiepati nei centri d’accoglienza in Libia  di non “essere vittime di trattamenti e pene inumane e degradanti e alla tortura”. E lo si chiede all’Italia? Prima il coro dei partner dell’Unione ha intonato in tutte le lingue la litania che il boom d’immigrati sul suolo europeo fosse colpa della debolezza del governo di Roma, scarsamente motivato a contrastare l’illegalità dei flussi migratori. I cari cugini d’oltralpe si sono prodotti nella sconcezza di sigillare le frontiere con il nostro Paese pur di non avere travasi indesiderati di clandestini.

E adesso che, bene o male, qualcosa il ministero dell’Interno ha fatto per impedire gli sbarchi  a oltranza, dalle parti di Bruxelles e dintorni c’è chi storce il naso e punta il dito accusatore sul come l’Italia abbia gestito la partita con il governo di Tripoli e le tribù libiche. Certe insinuazioni neanche andrebbero fatte. Almeno per decenza. Nessun governo può avere il controllo totale delle decisioni di un altro Stato senza che prima non l’abbia occupato militarmente. A nostro riguardo, per risolvere il problema del traffico di migranti alla radice, è da tempo che sosteniamo la necessità d’intervenire militarmente in Libia. Ma i padroni del vapore europeo non hanno dato alcun via libera all’Italia di procedere in tal senso. Al contrario, le raccomandazioni dai vertici europei richiedono una non-ingerenza negli affari interni di un Paese nel quale ogni fazione combattente si è scelta uno sponsor importante tra le capitali europee e del mondo arabo.

Dunque, si pretende che l’Italia faccia la parte del vaso di coccio in un convoglio di recipienti d’acciaio e poi spunta il burocrate di turno che viene a minacciare il nostro Paese ricordando che “la Corte di Strasburgo ha stabilito… che gli Stati membri del Consiglio d'Europa rispondono delle loro azioni come se agissero nel proprio Paese quando hanno un controllo effettivo o esercitano l'autorità su un individuo sul territorio di un altro Stato”. Ma questo campione d’ingegno dal nome impronunciabile da dove viene? Dalla Lettonia o dalla luna? Posto che, rispetto ai flussi migratori dall’Africa attraverso la rotta del Mediterraneo, Lettonia e luna non marchino la medesima distanza. Il commissario giustifica il suo intervento con il fatto che “...condurre operazioni in acque territoriali libiche non assolve il Paese dagli obblighi derivanti dalla convenzione europea dei diritti umani”. Come a dire: visto che vi prendete la briga di salvarli dalle acque siete responsabili  per ciò che accadrà loro ovunque la buona o la mala sorte li conduca. Che razza di ricatto morale è questo?

Anche Mosè fu salvato dalle acque ma non per questo la figlia del faraone alla quale la Bibbia attribuisce il salvataggio fu ritenuta responsabile del destino del salvatore del popolo d’Israele. Il governo di Roma può stipulare patti anche con i predoni africani, può porre clausole più o meno stringenti sul rispetto dei diritti umani, può fare molte cose dovendo in cambio sganciare fiumi di danaro. Tuttavia, non può essere certo che, nella prassi quotidiana, si compiano miracoli. Nel senso che i criminali famelici di ieri all’improvviso si trasformino in ospitali gentiluomini di campagna. L’unico modo per garantirsi il rispetto dei patti è quello vecchio come il mondo e che ha sempre funzionato: puntare un’arma carica alla tempia dell’interlocutore. Allora sì che gli accordi filano lisci come l’olio.

Se il lettone Muiznieks ci tiene a che in Libia si rispettino i diritti umani deve assumersi la responsabilità di proporre agli organismi direttivi dell’Unione europea una missione militare che vigili sulla gestione dei campi d’accoglienza in terra nordafricana. Se non fa questo allora abbia la cortesia di risparmiare ai contribuenti il costo della carta e dei francobolli impiegati per scrivere lettere che non hanno né capo né coda.

Aggiornato il 12 ottobre 2017 alle ore 20:36