Il “Rosatellum” è (quasi) legge

Tanto tuonò che piovve. E così, dopo mesi di tira-e-molla sulla riforma del sistema elettorale, si è giunti a un primo risultato parziale: il “Rosatellum bis” è passato a Montecitorio con il voto favorevole di 375 deputati. Contro hanno votato in 215.

Previsioni rispettate, o quasi. Sulla carta dovevano esserci i voti del Partito Democratico, di Forza Italia, della Lega e di Alternativa Popolare, oltre a quelli di alcune espressioni presenti nell’arcipelago frastagliato del gruppo misto. Ma, numeri alla mano, qualcosa non quadra. Nel senso che si contano almeno 66 franchi tiratori. Cioè coloro che, sfruttando il segreto dell’urna, non hanno seguito le indicazioni date dai propri gruppi d’appartenenza. Poco male, visto che la legge è passata ugualmente. Ora cosa accadrà? C’è il passaggio al Senato che, almeno nelle dichiarazioni dei principali protagonisti, non dovrebbe riservare sorprese. Sempre che la riforma vada all’esame dell’Aula di Palazzo Madama prima della data capestro del 5 novembre.

Già, perché la vera incognita che pende sull’ultimo tentativo utile per dare al Paese una legge elettorale organica e non rattoppata dalle sentenze della Corte costituzionale è rappresentata dalla tornata delle regionali siciliane. Fino a qualche giorno fa si pensava che Matteo Renzi volesse tirare per le lunghe l’approvazione della legge elettorale preferendo attendere l’esito del voto siciliano. Poi: contrordine compagni! Il Rosatellum s’ha da fare adesso. Perché quest’improvvisa sterzata? È chiaro che per il Pd renziano le cose in Sicilia non si sono messe bene e una sonora sconfitta di  Fabrizio Micari, candidato “dem” in co-branding con la pattuglia siciliana di Alternativa Popolare, potrebbe scatenare un terremoto all’interno del partito di maggioranza tale da scuotere il trono su cui è assiso un livoroso Renzi in cerca di riscatto dopo la batosta referendaria rimediata lo scorso 4 dicembre.

È dunque il timore per l’effetto caos ad aver spinto il leader del Pd ad accelerare i tempi sull’approvazione della riforma elettorale a lui più conveniente, per metterla al sicuro. Dato per scontato l’avanzamento del centrodestra nel suo complesso e il sostanziale consolidamento del blocco grillino, ciò che spaventa Renzi è il possibile travaso di voti a sinistra a beneficio del ramo fronzuto degli scissionisti che gli hanno giurato vendetta. Il Rosatellum assicura al Pd una tenuta elettorale che l’attuale sistema riveduto e corretto dalla giustizia costituzionale non gli garantirebbe. In particolare, la reintroduzione del voto alla coalizione, nei collegi dell’uninominale, finora deprecata come il peggiore dei mali dallo stesso Renzi potrebbe rivelarsi la sua insperata ancora di salvezza.

Affiancare, infatti, ai bordi dell’ammiraglia Pd i dragamine di Alternativa Popolare e dei radical chic arruolati da Giuliano Pisapia, consegnerebbe al giovanotto di Rignano sull’Arno il giusto mazzo di carte da smazzare al tavolo verde della prossima legislatura. Ecco perché la partita vera che si giocherà in Senato nei prossimi giorni non sarà sul chi ma sul quando si voterà il Rosatellum. Certo, anche nella seconda Camera ci sarà il soccorso rosso del voto di fiducia posto dal governo che ne faciliterà l’iter. Ma basterà per stare nei tempi che comunque restano strettissimi? Forza Italia e Lega daranno una mano. Fratelli d’Italia, che ha sparato a Montecitorio tutte le sue cartucce contro la legge, non potrà creare problemi dal momento ché in Senato non ha un proprio gruppo. Restano i Cinque Stelle e quelli di “Articolo 1-Mdp”, insieme alla pattuglia di Sinistra Italiana. Se i grillini, per interessi di bottega, faranno gran rumore ma pochi fatti, perché in fondo questo Rosatellum non dispiace neanche a loro, saranno gli anti-renziani “doc” a provare a fermare il treno in corsa. E sarà uno spettacolo da non perdere.

Dà i brividi immaginare il senatore Miguel Gotor intento a cingersi la fronte con l’hachimaki, la tradizionale fascia dei kamikaze nipponici, prima di lanciarsi in picchiata, in un gesto politicamente suicida, sul Rosatellum. Esageriamo? Forse. Ma se non sarà il “Vento divino” ad armare la mano dei dissidenti di “Articolo 1”, ci penserà la proverbiale destrezza del loro leader occulto Massimo D’Alema che in fatto di comportamenti autolesionisti è un’autorità assoluta.

Aggiornato il 14 ottobre 2017 alle ore 11:44