La democrazia diretta e le consultazioni da condominio

Alle “Regionarie” del Movimento Cinque Stelle per la designazione del candidato alla Presidenza della Regione Lazio hanno partecipato 6511 iscritti alla piattaforma Rousseau. Roberta Lombardi, che ha vinto e sarà la sfidante di Nicola Zingaretti e del candidato del centrodestra per la Pisana, ha ottenuto poco più di un duemila e cinquecento voti.

Queste cifre hanno un doppio significato. Da un lato rendono evidente come sia del tutto infondata la pretesa dei grillini di spacciare la consultazione on-line dei loro sempre meno motivati sostenitori come la forma più avanzata di democrazia diretta. Dall’altro ripropongono il problema di come possa funzionare il metodo democratico all’interno dei partiti e delle formazioni politiche e se questo metodo debba o no essere regolamentato con una apposita legge.

Fino ad ora la questione della democrazia all’interno dei partiti, che era stata sollevata ma anche accantonata al tempo della Assemblea Costituente, è sempre stata risolta o ricorrendo alle correnti dei partiti della Prima Repubblica o alla formula plebiscitaria delle primarie del Partito Democratico dei tempi più recenti. Di queste due formule quella che più si avvicinava a un metodo democratico vagamente corretto è stata, paradossalmente, quella applicata dalle correnti organizzate. Che, sia pure attraverso la ricerca frenetica dei finanziamenti illeciti, raccoglievano gli iscritti e li indirizzavano politicamente rispettando in qualche nodo il principio della rappresentanza popolare. Questa formula, ovviamente, non è più proponibile. Non solo perché è stata la madre di ogni forma di degenerazione corruttiva della democrazia italiana e nessuno si sognerebbe mai di riproporla. Ma anche perché il modello di partito tradizionale della Prima Repubblica non esiste più neppure all’interno della sinistra. E sarebbe decisamente ridicolo pensare di riesumare non uno ma due cadaveri in un colpo solo (correnti e partiti).

Rimane il metodo delle primarie. Che meglio si adatta alle mutate condizioni delle forze politiche, ma che senza alcuna forma di regolamentazione diventano una parodia della democrazia e un ipocrita avallo di decisioni prese dai vertici. Non si tratta di una questione di grande presa popolare. Ma se si vuole impedire che minoranze ristrettissime spaccino per modelli di democrazia diretta consultazioni on-line da condominio, è bene che la prossima legislatura affronti una volta per tutte l’argomento.

Aggiornato il 17 ottobre 2017 alle ore 20:22