M5S: ma dove vai se l’avviso non ce l’hai?

Correva l’anno 1995 (Dio come passa il tempo!), e il giustizialismo stava preparando ad opera del circo o circuito mediatico-giudiziario quello che Arturo Diaconale definiva come “Tecnica postmoderna del colpo di stato: magistrati e giornalisti” nel clima di un manipulitismo che avrebbe cancellato la Prima Repubblica e i suoi partiti. Parole profetiche, forse più uniche che rare. Poi è arrivata un’altra storia al termine della quale si è azionato, per il tramite del grillismo, sempre in combutta col circo di cui sopra, un meccanismo paragolpista e all’urlo dell’onestà! onestà! che avrebbe dovuto mandare a casa i disonesti, cioè tutti gli altri. E invece, guardate un po’...

Ma sì, lasciateci sfruculiare il Movimento 5 Stelle con l’immortale Alberto Sordi quando cantava “ma ’ndo vai se la banana non ce l’hai?”, mettendo un’altra parola (anzi due) al posto della “banana”. Lo avrete già capito. Si tratta dell’avviso di garanzia. Già, dove andranno adesso i grillini a scaricare il loro bagaglio di insulti ai corrotti, delinquenti, ladri e impuniti degli altri partiti - solo degli altri, si capisce - adesso che capita loro ciò che in realtà accade a chiunque operi nella Pubblica amministrazione, ovverosia un avviso di garanzia con automatica iscrizione sul libro degli indagati.

Ma per loro, per i grillini, bastava quella parolina, bastava un’iscrizione, una qualsiasi per qualsiasi sindaco, assessore, amministratore degli altri partiti per attivare - grazie alla compiacenza di un vasto coro mediatico - il ventilatore della gogna giudiziaria; ventilatore che una volta azionato non sai mai bene dove e come finirà la sua corsa allo sputtanamento. Che pacchia, cari amici (si fa per dire) del M5S, esaltatori delle manette e teorici del giustizialismo erga omnes, andare all’attacco più violento dei politici in nome di quel tipo speciale di onestà che serve unicamente a farsi belli e puliti con uno slogan che, quando va bene, serve a qualcosa, quando invece va male si ritorce contro.

Già, il “Partito degli onesti”. Adesso ci si sta chiedendo che fine abbiano fatto i sui propugnatori del bel tempo che fu, di destra e di sinistra, e sarebbe fin troppo banale suggerire di andare a cercarli in qualche carcere, se non fosse che la gogna messa in moto non ha pietà per nessuno, soprattutto per chi, in suo nome, abusa del diritto-dovere all’onestà, di un principio autentico caposaldo della democrazia. Succede dunque anche ai grillini di inciampare di brutto e, diciamocelo, inaspettatamente, in un altro principio, ancora più ferreo, ancora più cocciuto, ancora più implacabile, quello della realtà. E fa un po’ tenerezza ascoltare il cosiddetto “giovane candidato a premier”, Luigi Di Maio, che, dopo l’inciampo, piagnucola: “Siamo sotto attacco! Il Movimento è sotto attacco! Sono passati a dare addosso alla Appendino che sta risanando i conti dopo i debiti fatti da Fassino e viene denunciata dal Partito Democratico, cioè da chi ha sfasciato il Comune”.

Il vizietto di dare sempre la colpa a quelli di prima, come stanno facendo Virginia Raggi e i suoi, non sembra abbandonare neppure loro, forse perché l’impatto col principio di realtà nel travolgerli fa loro versare lacrime di coccodrillo persino sulla nuova legge elettorale, definita subito “contro di noi”, perché applica ai collegi uninominali un terzo dei voti; un altro principio, altrettanto vero, quello di qualsiasi sistema democratico collegato al territorio. Il fatto è che alla macchina infernale del giustizialismo a guida grillina capita che, in men che non si dica, slitti la frizione per dir così etica, ed è allora e solo allora che il guidatore incauto ricorra al garantismo, ovviamente pro domo sua, col messaggio incorporato della svolta delle garanzie che, detto da loro, è semplicemente farlocco. E ci fermiamo qui.

Aggiornato il 18 ottobre 2017 alle ore 20:49