Se a guadagnare è solo Cairo

È più che comprensibile la decisione di Matteo Renzi di accettare la sfida di Luigi Di Maio e di misurarsi con il candidato premier del Movimento Cinque Stelle in un faccia a faccia televisivo. Il segretario del Partito Democratico non ha mai nascosto di voler impostare la prossima campagna elettorale sullo schema del confronto bipolare tra il Pd, pilastro del sistema, e il movimento di Beppe Grillo che si pone come la sola alternativa al sistema stesso. E nel momento in cui la conclusione della campagna elettorale siciliana mette in discussione questo schema lasciando ipotizzare che non sia il Partito Democratico il perno del sistema ma che questo ruolo sia stato occupato dal centrodestra, appare logico e normale che Renzi si affretti a utilizzare il sistema televisivo per raddrizzare l’immagine che ai suoi occhi appare distorta e rischia di danneggiarlo.

Al tempo stesso appare altrettanto chiaro l’interesse di Di Maio di misurarsi nel confronto televisivo con il segretario del Pd. Perché si accredita sempre di più come il leader che impersonifica l’alternativa al sistema e, soprattutto, perché può sfruttare il vantaggio rappresentato dal doversi confrontare con il rappresentante di un partito dato in declino e destinato ad uscire perdente dalla prossima competizione elettorale.

Renzi e Di Maio, però, compiono congiuntamente un’operazione molto complicata. Tentano di fornire agli italiani uno schema politico che non è affatto reale. Il quadro politico nazionale non è più bipolare e non è neppure tripolare. È multipolare visto che nel centrodestra sono tre i partiti principali che rappresentano l’area e nella sinistra il Pd di Renzi se la deve vedere con uno schieramento di forze che hanno come unico obiettivo unificante quello di provocare la sconfitta elettorale dell’ex Presidente del Consiglio.

Può essere che l’operazione della strana coppia riesca. Ma il fatto che entrambi abbiano accettato di dare un’immagine irrealistica del quadro politico nazionale dagli schermi di un’emittente privata e non dagli schermi della Rai, servizio pubblico, non favorisce ma penalizza l’impresa. La trasforma da vicenda politica a vicenda commerciale. Chi ci guadagna, in sostanza, è solo Urbano Cairo!

Aggiornato il 03 novembre 2017 alle ore 20:33