Milano, Berlusconi è tornato

A volte vale davvero la pena di assistere, se non di partecipare, di persona a un “comizio” (parola antica e abusata, ma qui vi vuole) di Silvio Berlusconi.

A parte il fatto, non secondario, che quella del Cavaliere era una sorta di apparizione ex novo data la lunga, lunghissima assenza dal suo popolo. Sicché, ci siamo stati anche noi e, sia per curiosità tout court sia per curiosità politica, ci siamo fatti più di un’idea soprattutto sul senso e il significato di questo incontro, peraltro numerosissimo con un’organizzazione a monte che doveva ben spostarlo dal Gallia a un comodo e ampio teatro della città. Ma tant’è.

Non è stato tanto o soltanto un incontro di massa, fra il capo e i suoi seguaci, quanto piuttosto una riaffermazione del ruolo primario che il Cavaliere incarna da sempre, tant’è vero che per sottolinearne l’immaginario, passato presente e futuro, ha scelto proprio lui, e non i tanti fotografi e cineoperatori, di farsi riprendere sul quel predellino entrato nella leggenda. Ma è stato un attimo, solo un attimo, anche se studiato bene. Come a dire, sono sempre quello di oltre vent’anni fa, mi sento un quarantenne ecc., e questo basta e avanza per una sorta di autocitazione coram populo anche per ribadire che il suo è certamente un ritorno ma nient’affatto pervaso di nostalgie per il bel tempo che fu; come a dire, io sono e sarò sempre un quarantenne soprattutto di età politica. E comunque molto appropriato il ricordo affettuoso del caro amico “Marcello Dell’Utri, vittima di un processo politico”.

Ed è nella politica che il discorso berlusconiano ha fatto capire alcune cose che contribuiscono al significato e al senso più vero della manifestazione al Gallia. Intanto non ha mai citato, neanche buttandola lì, come si dice, l’alleanza dei due partiti, soprattutto della e con la Lega che a Milano-Lombardia riveste con Roberto Maroni la suprema carica di capo del governo regionale. Neanche una parola, un cenno, un nome, figuriamoci se quello di un Salvini e neppure di un Bossi. E questo non tanto perché la platea fosse sua e solo sua - che è pur sempre un’ottima spinta - ma perché il leader, proiettato in quell’alleanza, è uno e soltanto uno. E non ha tutti i torti, ché il suo di domenica può essere considerato uno dei più ragionati e riflessivi, purgato dalle solite curvature populiste, persino avvolto in una saggezza sconosciuta prima; il che lascia anche intendere che la partita da giocare, alle e dopo le elezioni, è doppia: che da qui, cioè da lui e dal successo di Forza Italia si deve passare per quanto riguarda la pressoché inevitabile alleanza, ma anche per quanto attiene al dopo, vale a dire al che fare, dove andare e con chi, a deciderlo sarà comunque lui, in fin de la fera, come si dice a Milano. Lasciando aperta più di una porta. Anche a Matteo Renzi? Chissà.

Quanto ai contenuti veri e propri del suo ragionamento, peraltro mai noioso, se alcuni osservatori sono stati colpiti dai suoi endorsement al cosiddetto popolo della terza età, peraltro numeroso e mai da sottovalutare, ciò non può significare una contrapposizione fra il vecchio e il nuovo, figuriamoci, noi abbiamo invece colto una speciale attenzione alla spiegazione in parole povere di temi in vista dai titoli cogenti tipo lo Ius Soli o flat tax, come se a tradurli in tematiche comprensibili da tutti fosse un pregio e non una insistenza pro o contro le stesse, tanto per capirci e farsi capire, con lo slancio immancabile delle abolizioni della riduzione drastica di certi tipi di tasse. Ben detto.

Resta la proposta, non del tutto prevedibile invero, della composizione del futuro Governo con ben 12 (dodici) ministri della società civile, oltre che del generale Leonardo Gallitelli come Premier, questo detto nella trasmissione di Fabio Fazio, sorprendendo un po’ tutti, anche per la assai poco conosciuta figura del generale che dovrebbe guidare un Governo, e che Governo. Perché imprevisto questa sorta di endorsement verso quella società che spesso e volentieri viene usata e abusata non per utilizzarla ma per una sorta di legittimazione?

Il fatto è che la corrente di pensiero oggi dominante, con l’avvento impetuoso della banda grillina - cui il Cavaliere non ha comunque risparmiato le critiche più sapide e più azzeccate ritenendoli, infine, incapaci, nullafacenti, unfit per governare comuni grandi, piccoli e, figuriamoci, un Paese come il nostro - va verso quella direzione per dir così sociocivilista. Il che potrebbe anche sembrare o un problema degli interna corporis di Forza Italia e Alleati, o una ammissione di insoddisfazione di un leader per il personale del proprio partito ritenuto, se non incapace, di certo meritevole di riduzione nei ministeri per fare spazio a chi ne sa di più. Ma, diciamocelo almeno inter nos, quel tipo di società ne sa davvero di più? Ci siano consentiti i più fieri dubbi.

Aggiornato il 27 novembre 2017 alle ore 21:34