Governo dei grillini? Impossibile

martedì 6 febbraio 2018


Non soltanto politicamente, elettoralmente e numericamente, bensì strutturalmente non sarà possibile un governo presieduto dall’ineffabile Luigi Di Maio, ancorché giovandosi di liste di proscrizione. Bella roba.

Eppure non pochi pentastellati e la loro macchina pensante casaleggiana - più questa che i primi - continuano a battere sul tasto del governo: il loro. Naturalmente possono andare avanti così, ci mancherebbe altro, e non bastano ovviamente i suggerimenti in senso contrario per un movimento che è tale nella misura in cui si fronteggiano con tutti gli altri con una sola parola d’ordine: noi gli onesti, i puri, gli immacolati, gli intonsi dal potere mentre Partito Democratico, Forza Italia, Lega ecc. dal potere hanno avuto prebende e guai giudiziari. Noi no. E vabbè.

A parte che diversi sindaci grillini, di città che sono di tutto rispetto, fra cui la Capitale, hanno a che fare con incriminazioni giudiziarie, resta tuttavia il fatto ineludibile che l’incarico per formare un governo postelettorale il Presidente della Repubblica non potrà non seguire “la prassi repubblicana per la quale il capo dello Stato conferisce l’incarico dopo aver appurato l’ipotesi di una concreta maggioranza attorno ad un progetto politico istituzionale per cui dire che senza una maggioranza elettorale una qualsiasi forza politica possa garantire un governo con semplici richieste di convergenza programmatica o, a maggior ragione di appelli post-voto e senza accordi politici reali e chiari è una notizia destituita di qualsiasi fondamento. È, per dirla con un’espressione secca: una fake news”.

Una notizia falsa, insomma, che tra l’altro non può non essere offensiva per il Colle più alto cui la nostra Costituzione affida, anche nella scelta del Presidente del Consiglio dei ministri, dignità di discernimento in favore di una finalità nobile e alta, ovvero del bene comune. A parte il fatto, altrettanto ineludibile, che occorre una maggioranza in Parlamento che, insieme ad altri obblighi, rappresenta ed è “un percorso istituzionale ferreo” che, peraltro, gli stessi pentastellati conoscono molto bene ma che sempre o quasi dimenticano di ricordare ai propri elettori. Il punto, anch’esso insormontabile, almeno per ora, è che gli elettori attuali, futuri, potenziali grillini sono bensì numerosi, sono bensì vicini al trenta per cento della totalità, sono e saranno quasi certamente più numerosi degli altri, ma appartengono a una categoria speciale: sono di opposizione contro tutti e tutti, opposizione in base alla quale lo stesso parlare di alleanze, accordi di maggioranza, inviti a convergere, sarà pure un bel parlare ancorché seducente, ma, come si dice, passare dalle parole ai fatti è non solo difficile ma, nel caso, pressoché impossibile.

Quanto poi ad ottenere nell’Aula parlamentare una situazione per cui qualcuno è disposto ad uscire da quest’Aula per consentire il varo di un governo di minoranza, anche questo “disegno” appartiene alla non fattualità; è irreale non fosse altro che per ragioni numeriche giacché ci vorrebbe una percentuale fra il 40 e il 50 per cento dei parlamentari che faccia questo gesto, dall’inequivoco sapore di complicità, di uscire. E chi s’è visto s’è visto. Ma in che film, verrebbe voglia di commentare!

Non solo, ma se seguiamo quello che ben può definirsi un percorso obbligato, i nostri grillini e compagnia cantante sanno altresì che i primissimi passi del nuovo Parlamento del dopo 4 marzo prevedono (da sempre) l’elezione da parte di deputati e senatori dei rispettivi presidenti e uffici di presidenza; posti di estrema rilevanza e squisitamente istituzionali che, senza un accordo sostanziale e politico qualsiasi proposta, anche la più importante, persino la più autorevole, ha un destino segnato: il naufragio. E ci fermiamo qui.

Figuriamoci, allora, se davvero il M5S potrà assicurare al nostro Paese un governo senza maggioranza elettorale e, soprattutto, senza accordi politici. Intendiamoci, tutto può accadere, come si sente da qualche parte, in genere per liquidare un o il problema. Ma noi ne dubitiamo. Fortemente.


di Paolo Pillitteri