Il centrodestra è “condannato” alla vittoria

sabato 10 febbraio 2018


Del perché il centrodestra vincerà le prossime elezioni politiche lo spiega l’Istat. Più propriamente: lo attesta. Ieri l’altro l’Istituto Nazionale di Statistica ha reso note le stime sull’andamento demografico del 2017.

I numeri scolpiscono un’impietosa realtà che non può essere manipolata da alcuna narrazione della politica, da alcun storytelling. Quei numeri, testardi e crudi, inchiodano i governi della legislatura appena conclusa, a guida centrosinistra, alle proprie gravissime responsabilità. Cosa dicono? Che nel 2017 si conferma il trend negativo del progressivo svuotamento delle culle. Che 464mila nuovi nati sono il 2 per cento in meno dei nati l’anno precedente. È il minimo storico rilevato. Anche le morti aumentano. I decessi nel 2017 sono stati 647mila, con un incremento del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente. Considerando il totale della popolazione residente, si sono avuti 10,7 morti ogni mille abitanti. Ne consegue che il saldo demografico naturale, nel nostro Paese, è di segno negativo (-183mila). In compenso, i numeri dell’afflusso d’immigrati stranieri sono tutti col segno positivo. I nuovi ingressi registrati sono stati 292mila, corrispondenti a un +10,9 per cento dell’anno precedente. A fronte del massiccio arrivo di stranieri, gli italiani rientrati in patria nel 2017 sono stati 45mila. Per intenderci: per ogni italiano tornato a casa vi sono stati 6,5 stranieri che hanno piantato le tende in Italia.

Il quadro che descrive l’Istat fornisce la prova incontrovertibile che la sinistra al potere è riuscita ad instradare il futuro del Paese nel solco della propria ideologia fondata sulla teoria della “società aperta” ed etnicamente indistinta che, per realizzarsi, deve attraversare la fase della distruzione sistematica dell’identità nazionale. Per conseguire tale obiettivo la sinistra, in tutte le sue articolazioni organizzative, ha operato con successo da posizioni egemoniche sulla leva del costante calo demografico della popolazione autoctona. Sono i numeri e non le opinioni a dimostrarlo dando ragione a coloro che denunciano l’esistenza in atto di un processo di sostituzione etnica. Oggi non è ancora esploso nella sua effettiva dimensione, ma è sufficiente sviluppare un’elementare proiezione per rendersi conto del pericolo.

Capirete bene che, se si continua a questo ritmo, nell’arco del prossimo decennio, secondo un calcolo fatto a spanne, a fronte di circa 3 milioni di nascite e di 6 milioni 800mila decessi registreremo ingressi per oltre 5 milioni di stranieri. Se si somma quest’ultimo dato alla presenza degli stranieri residenti in Italia al 2017, stimata all’8,3 per cento della popolazione, è tecnicamente corretto riferirsi al processo in corso in termini di sostituzione etnica. Con un’aggravante: il gap che si allarga tra l’età media degli autoctoni e quella degli allogeni. Mentre i nuovi arrivati sono in prevalenza giovani, la popolazione italiana invecchia. L’età media stimata per il 2018 è salita a 45,2 anni. Riscontrando che la media al parto è a 31,8 anni, ne consegue che una quota crescente d’individui, nei prossimi anni, sarà fuori dell’arco temporale della fertilità. La previsione, a condizioni politiche invariate, è confermata dal tasso di fecondità che è fermo per il secondo anno di seguito a 1,34 figli per donna.

Tale sarebbe la fotografia dell’Italia che verrà se non fosse che gli italiani, in maggioranza, hanno scoperto il diabolico piano perseguito dalla sinistra. E sono pronti a reagire. Da qui i sondaggi sulle intenzioni di voto che premiano il centrodestra. Tuttavia, vincere non basta. Per invertire il trend e disinnescare la bomba ad orologeria che la sinistra ha piazzato sotto le fondamenta dell’edificio identitario nazionale occorre che vengano implementate con priorità assoluta politiche d’incentivo alla natalità e di sostegno alle famiglie e, contestualmente, si provveda a sbarrare le porte ai flussi migratori. Purtroppo, non possiamo, anche se lo volessimo, sfuggire all’eredità negativa che la crisi, anche valoriale, di quest’ultimo decennio ci ha lasciato. Le generazioni del passato guardavano con fiducia al momento elettorale come a un’opportunità garantita dalla democrazia per poter scegliere liberamente i governanti che sapessero rispondere al meglio alla domanda di felicità e di benessere dei cittadini. Oggi, quel diritto alla felicità e al benessere diffuso appare lontano, oltre l’orizzonte di senso di questo tempo storico.

Ciò che gli italiani, più realisticamente, chiedono adesso alla politica è di arrestare la corsa al precipizio verso il quale l’intera comunità sembra essere stata scaraventata da un moto autodistruttivo inarrestabile. Che poi è quel moto che genera la paura della quale il recente episodio della solidarietà prestata dalla popolazione a Luca Traini, il fanatico protagonista di una giornata di ordinaria follia a Macerata, non è la causa ma l’effetto peggiore. Non sarà per nulla facile rimettere la nave Italia sulla giusta rotta. Tuttavia, il centrodestra ha il dovere morale, che è prepolitico, di provare nell’impresa sebbene essa appaia complicatissima. E non può fallire. Perché di un inopinato insuccesso non risponderebbe soltanto agli elettori ma sarebbe chiamato a darne conto davanti alla storia. Non è propriamente un bello scenario ad attendere il centrodestra che, come in un film di Luis Buñuel, non è destinato ma condannato a trionfare. Con tante felicitazioni da parte dei carnefici.


di Cristofaro Sola