Giustizia, elezioni e non solo

sabato 10 febbraio 2018


Come si dice, vedono la pagliuzza nell’occhio del vicino ma non si accorgono della trave nel loro. Una massima che ben s’addice a quanti, nella nostrana gauche a forti tinte giustizialiste fra cui spiccano i pierini grillini, accusano i nemici politici di malefatte; ragion per cui gli avvisi di garanzia piovono sull’avversario rendendolo automaticamente infame, pardon impresentabile, secondo il neologismo che va per la maggiore per indicare ed elencare chi non deve andare in lista alla faccia di leggi e Costituzione.

Un intermezzo, ora. Per gravità, un’altra questione è davanti ai nostri occhi e costituisce un problema troppo serio e anche scottante, una vicenda dalla forza coinvolgente per tutti noi, tanto più nella vicinanza delle elezioni: la questione dell’immigrazione. I migranti, lo stretto fra Africa e Sicilia, l’arrivo quotidiano di profughi disperati, di clandestini che nonostante un leggero calo sono una vera e propria emergenza. Diciamocelo e convinciamoci di nuovo: non c’è Themis che tenga e mettiamoci pure la Frontex, entrambe, finalmente, di stampo europeo che, ancorché ispirate a seri progetti, potranno fare ben poco, altro che i miracoli come si sente dire in giro.

Perciò è non soltanto verosimile ma quasi scontato che poco o nulla cambierà nelle nostre quotidiane preoccupazioni, anche ripensando a ciò che un attento e lucido Pietrangelo Buttafuoco ha chiamato l’utopia, l’inganno, la falsa magia delle Primavere arabe. Basta guardare, et pour cause, alla vicina Libia da cui, nonostante il leggero calo, gli sbarchi segnano comunque un aumento giornaliero: dai 75 del mese di dicembre ai 113 di febbraio. Cosicché si accentuano le polemiche fra destra e sinistra laddove quest’ultima non riesce ancora a liberarsi di un fatale buonismo, lo stesso che fa dire ai loro capi morali che proprio quel calo di arrivi “significa un aumento delle torture per i migranti”, compiendo un letterale e storico ribaltamento di pensiero, forse per l’assenza, in loro, proprio di pensiero.

Ma poiché il super tema dei migranti non ci abbandonerà in un futuro, vicino e lontano, vale la pena riflettere un attimo sulla questione iniziale, peraltro non di oggi, che è quella della giustizia e del suo rapporto con la polis che ci accompagna da un quarto di secolo proprio in ragione di una sostanziale assenza (paura?) della politica in questo rapporto. Per ritornare al tema, è consigliabile se non indispensabile mettere una bella lente d’ingrandimento su atteggiamenti che, per ciascuno di noi e per il bene di tutti, ne hanno tanto bisogno in funzione di una meditata presa di coscienza e nella misura in cui non pochi media, invece della lente, usano la distrazione se non il silenziatore. O minimizzatore.

Prendiamo a caso una delle tante vicende con la giustizia che vedono implicati politici e amministratori. Un autentico caso riguarda il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, avvisato ieri di reato per il crollo di una casa del suo sfortunato paese. Ora, sarà pure incappato in un reato, per carità, e la giustizia, come si dice, deve fare il suo corso senza guardare in faccia nessuno. Vero, ma ci sia consentita una piccola osservazione proprio sul tempismo o, per meglio dire, sul tempo in cui è stato spiccato questo avviso che, come ognuno può vedere e notare senza alcuna malignità, non può e non potrà non avere un effetto, una coda, dato il clima elettorale che già di per sé non è affatto calmo e sereno.

Ci si chiede, insomma, se l’incriminazione rivestisse un carattere di urgenza per la gravità del crimine o, se più ragionevolmente, fosse stata per dir così rinviata di qualche settimana, di qualche giorno, dopo del 4 marzo. Possibile, impossibile? Indovinala Beppe Grillo, chioserebbe qualcuno.

A proposito di Grillo e dei suoi adepti che hanno fatto del giustizialismo la bandiera che più garrisce al vento del “nuovo che avanza”, sarebbe davvero una buona cosa che la distrazione di certi media (quasi tutti) si interrompesse per notare e far notare che le prediche giustizialiste di un Luigi Di Maio non meno dei predicozzi pro domo sua del mitico Alessandro Di Battista e degli altri compagni di sputtanamento altrui, procedono a senso unico, viaggiano rigorosamente su un solo binario nel senso che non guardano mai al sé ipsum, al loro interno, eludono le questioni giudiziarie che li riguardano, a cominciare da certi candidati proprio nelle liste pentastellate di puri e, va da sé, innocenti.

Vogliono dare lezioni dal pulpito del moralismo stando bene attenti a riflettere sui casi, invero numerosi, dei sindaci di Roma, Torino, Livorno eccetera, raggiunti da mesi da avvisi di reato, sottoposti a incriminazioni che li vedranno anche innocenti, intendiamoci, solo che per loro, e soltanto per loro, vale il giuramento di innocenza, il mitico garantismo, di capi e capetti grillini. Fin che dura...


di Paolo Pillitteri