Tanto sono tutti uguali, o no?

giovedì 15 febbraio 2018


Una volta c’era l’Uomo Qualunque, un partito vero e proprio che senza infingimenti dichiarava il più vero se stesso. Oggi c’è e si diffonde il suo derivato, che specialmente nei mesi precedenti le elezioni, cresce a dismisura. Ma andiamo con ordine. Osservando un po’ più da vicino la vicenda degli esborsi e del ridicolo anti-grillo derivatone, a destra come a manca, spiccano ancora più di prima i significati di certe battaglie sollevate con clamore, in primis dai pentastellati, manco fossero - queste battaglie - simili ad appelli forti e ultimativi per la salvezza della Patria.

La salvezza c’entrava e c’entra, ma la loro dei Cinque Stelle, e non solo giacché se prendiamo la storia del cambiamento dell’articolo 67 della Costituzione a proposito del divieto di mandato, ovvero che il parlamentare eletto in un partito non può, non deve, non dovrà né potrà cambiare partito eliminando d’emblée, cioè con un nuovo articolo 67, la categoria, mai così vasta come oggi, dei voltagabbana, basterebbe da solo a spiegarne la necessità per quei movimenti che hanno a che fare con i dissensi interni e, per l’appunto, le scissioni ed espulsioni. Per non parlare di altre proposte a dir poco mirabolanti.

In realtà, lo stesso divieto di mandato, inaugurato nientepopodimeno che ai tempi della Rivoluzione francese, ostacolato nel dopoguerra dal Partito Comunista Italiano ma sostenuto dai liberali, soprattutto in questa legislatura è diventato la classica foglia di fico per coprire a malapena le vergogne di inverecondi salti della quaglia. Ma tant’è. Anche perché il tempo delle elezioni sembra corrispondere esattamente a quanto si dice dei partiti che in vista del voto devono per forza compiacere gli elettori. Come? Con le proposte più miracolistiche, ben sapendo, i proponenti, che ne sarà praticamente preclusa la strada dell’approvazione, e chi s’è visto s’è visto.

Ne deriva, tuttavia, una considerazione di fondo a proposito della parola citata all’inizio, una parola che sta tornando assai di moda in questi mesi e che sta allargando le sue braccia sempre più in là, ed è il cosiddetto qualunquismo. E che, nella fraseologia che va per la comune, la più frequente, la più emblematica, si condensa in una forma acuta e senza speranza di antipolitica in nome della sconsolata considerazione, rivolto per l’appunto ai partiti e ai loro leader: tanto son tutti uguali!

Effettivamente, il grillismo ha sempre voluto rovesciare questa convinzione diffusa, autoproclamandosi diverso dagli altri, contro i quali affondare le lame acuminate per distruggerne la corruzione, i latrocini, le assenze colpevoli per cui gli altri, e solo loro, devono essere chiamati di fronte al giudizio del dio, anzi del duo Grillo-Casaleggio. Una sorta di qualunquismo di lotta e di governo. Il proprio. Cosicché anche questo tipo di qualunquismo ha il suo partito di riferimento che è per l’appunto il M5S, ancorché la ditta Casaleggio ne neghi la clamorosa evidenza occultandolo dietro un paravento finto gauchista, abilissimo nel lisciare il pelo, e con sopra dipinte allegorie della Dea Onestà condita in salsa buonista, immagini in rilievo di tanti propositi in favore del popolo, disegni di profferte di cambiamenti radicali secondo quella liturgia delle false rivoluzioni destinate a lasciare le cose allo stesso punto che le avevano trovate. E semmai, peggiorandole.

Finché sono arrivati i mitici rimborsi a smontare questa speciale macchina di prediche da quattro soldi mischiate a ingiurie e infamie contro gli altri, col risultato probabile, nelle urne vicine, non tanto o non solo di una flessione grillina, quanto, soprattutto e purtroppo, di una comunanza degli stessi con gli odiati altri sotto il vessillo della bandiera con su scritto “tanto son tutti uguali!”. Ma non è vero. E che non sia vero lo rivela, nella sua capacità persuasiva, e di buon senso, l’ultimo discorso berlusconiano a Milano laddove, a proposito di giovani, disoccupazione e non lavoro, non ha lisciato, per dir così, il pelo, anzi. Ha avuto parole all’incontrario, ha detto quello che molti pensano, ha ribaltato le solite giaculatorie togliendone le maschere buoniste. Giù la maschera, soprattutto di Carnevale. Politico.


di Paolo Pillitteri