Perseverare è diabolico

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, recita un famosissimo motto latino. Un motto che pare adattarsi perfettamente alla parabola politica dell’attuale segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi.

Un politico che sta per concludere in maniera piuttosto ondivaga la sua difficile campagna elettorale, in cui sembrano alternarsi senza soluzione di continuità due linee comunicative assolutamente contrastanti. Se da una parte, infatti, Renzi tenderebbe ad adottare un atteggiamento più vicino a quello ostentato dall’attuale premier Paolo Gentiloni, del tutto privo di toni e contenuti miracolistici, dall’altra parte la sua prorompente natura rampante lo porta inesorabilmente a rincorrere, più o meno consapevolmente, il suo principale avversario politico in termini di spazio elettorale, ossia il Movimento 5 Stelle, sul terreno minato delle facili promesse e delle soluzioni a buon mercato per problemi in realtà assai complessi.

Tutto ciò, nel concreto, si estrinseca con una certa schizofrenia nel messaggio rivolto agli elettori, ai quali egli si propone con ulteriori prodigi programmatici ma, sottolineando sempre, che a suo dire sarebbero del tutto fattibili rispetto alle promesse dei suoi avversari, principalmente perché finanziariamente assai meno gravosi. Ciò è esattamente quel che è accaduto, alcuni giorni orsono, di fronte a un’assemblea della Coldiretti, arringata da Renzi con le seguenti parole: “Se toccherà a noi governare il Paese, la prima cosa che faremo è un gigantesco investimento sulle famiglie. Possiamo spendere mezzo punto di Pil, nove miliardi - ha spiegato - Non sono pochi, ma non sono i 100 della flat tax o del reddito di cittadinanza”.

Tutto ciò si potrebbe elettoralmente così esemplificare: cari italiani, sappiate che i miei miracoli non sono fasulli come quelli avanzati dai miei avversari, semplicemente perché costano molto meno. Ma questo presuppone che, malgrado la grande confusione che regna nel Paese soprattutto dal lato dei conti pubblici, l’elettore medio sia in grado di discernere, in termini di bilancio, la differenza tra una proposta di nuove spese di 9 miliardi di euro (che comunque è sempre un bel mucchio di quattrini per un Paese indebitato come il nostro) e una di 90.

In realtà, anche a causa di un’offerta politica complessivamente troppo sbilanciata dal lato delle scorciatoie immaginifiche, a cui lo stesso Renzi in passato ha dato il suo non indifferente contributo, la maggioranza degli elettori non sembra dare soverchia importanza al presunto criterio di fattibilità evocato dall’uomo di Rignano sull’Arno.

Se così non fosse, il M5s, con il suo insostenibile reddito di cittadinanza e altre surreali proposte, non sarebbe riuscito a diventare già nel 2013 il partito più votato in Italia. Ed è per questo che l’ultima cosa che un forza politica che ha governato finora dovrebbe fare è quella di inseguire, seppur con toni più moderati, questo tipo di oppositori sulla loro stessa strada. Strada che per costoro risulta evidentemente spianata dal fatto di non essere mai stati nella stanza dei bottoni. Un dettaglio, ahinoi, che mai come oggi risulta essere tanto decisivo per raccogliere il consenso.

Aggiornato il 01 marzo 2018 alle ore 08:03