Perché scommetto sulla sconfitta dei Cinque Stelle

venerdì 2 marzo 2018


Non credo alla vittoria dei Cinque Stelle, nonostante tutti i sondaggi dicano il contrario. Perché? Di là dalle forti perplessità sulla loro capacità di guidare il Paese, guardo ai numeri reali. Il fenomeno grillino è esploso alle Politiche del 2013. Non sto qui a ripetere ciò che ho scritto in passato sulle ragioni che portarono Beppe Grillo e la sua compagnia ad avere un consenso sorprendente. Dico soltanto che quelle motivazioni attenevano a uno scenario politico e sociale diverso dall’attuale. Nel 2018 l’offerta politica grillina è inadeguata. Tuttavia, in assoluto non posso escludere che il “miracolo” del 2013 possa ripetersi anche il 4 marzo. Ma perché ciò accada è necessario che si verifichino almeno due condizioni concatenate: deve precipitare la percentuale di affluenza alle urne e i Cinque Stelle devono mantenere pressoché invariato il bacino di consenso conquistato alle scorse elezioni politiche. Se anche una soltanto delle due condizioni non si verificasse, per loro non vi sarebbe alcuna possibilità di vittoria. E spiego perché.

Nel 2013 il “Movimento” raggiunse, alla Camera dei deputati, una percentuale del 25,56 per cento, conquistando 108 seggi. Il risultato fu tanto più significativo perché ottenuto su una base di votanti del 75,20 per cento degli aventi diritto, pari a 35.270.926 voti validi. I Cinque Stelle ottennero un consenso omogeneo nel Paese, ma fu decisivo il successo nelle circoscrizioni del Nord. In quelle 7 regioni (con esclusione della Valle d’Aosta), Il “Movimento” capitalizzò, alla Camera dei deputati, il 24,23 per cento con ben 3.986.307 voti. Era palmare che il successo grillino avveniva per un travaso di consensi dalla Lega di Umberto Bossi, in quel momento in caduta libera. In Veneto, ad esempio, la media delle due circoscrizioni di Veneto 1 e Veneto 2 diede a Grillo il 26,54 per cento contro uno striminzito 10,44 per cento leghista. In Friuli-Venezia Giulia fu sintomatico il 27,20 grillino che schiacciava al suolo il 6,70 per cento di Bossi e i suoi. Ma anche nel profondo Nord della circoscrizione di “Lombardia 2”, quella delle valli bergamasche, del bresciano, del varesotto, del comasco, del lecchese e della Valtellina, il Movimento 5 Stelle, con il 18,36 per cento, ebbe la meglio sui leghisti, inchiodati a casa loro a un drammatico 17,56 per cento. Per non parlare degli exploit in Liguria, dove ci fu l’effetto sfondamento con i Cinque Stelle al 32,11 per cento alla Camera e in Emilia-Romagna, la “terra rossa”, al 24,65 per cento con la performance di Parma dove il “Movimento”, trainato dalla figura vincente del fresco sindaco Federico Pizzarotti, raggiunse il 28,92 per cento.

Questo accadeva nel 2013. Ma che il successo così largo fosse un unicum difficilmente replicabile lo ha dimostrato il fatto che tutte le elezioni successive hanno visto il M5s in costante trend negativo, confermato anche alle Amministrative della primavera del 2017 dove, nelle città capoluogo di provincia del Nord chiamate al voto, nessun candidato grillino è andato al ballottaggio ad eccezione del Comune piemontese di Asti. A Parma il “miracolo” non si è ripetuto visto che nel frattempo i vertici grillini hanno cacciato via Pizzarotti. E a Genova, patria del fondatore Beppe Grillo, anche grazie al pasticcio combinato sulla candidatura a sindaco prima annunciata e poi disconosciuta, i grillini hanno raccolto solo il 18,07 per cento. Come a La Spezia, caposaldo ligure, dove il partito pentastellato è sprofondato dal 29,39 per cento del 2013 all’8,80 per cento.

Si obietterà che le elezioni amministrative non sono le Politiche. Vero. Ma, mi domando, se un cittadino non affida a un grillino la guida del suo Comune perché mai dovrebbe volerne uno a Palazzo Chigi? Insisto sul dato delle circoscrizioni settentrionali perché, a differenza del mainstream per il quale queste Politiche si vinceranno al Sud, penso che la partita si giocherà al Nord. Ad affluenza elettorale invariata, riguardo alla distribuzione territoriale del voto il 4 marzo ricalcherà il 2013. I 16.700.117 scrutinati nelle 7 regioni del Nord sono stati quasi la metà dell’insieme dei voti validi. Segnatamente, il 47,5 per cento. Ora, se i Cinque Stelle non dico volessero sfondare il tetto del 30 per cento ma solo conservare l’importante 25,56 per cento del 2013 dovrebbero quanto meno replicare la performance al Nord della scorsa elezione. Domanda: con la Lega di Matteo Salvini in forte espansione, l’ottima prestazione del forzista Giovanni Toti da governatore della Liguria e la presenza della nuova sinistra di Liberi e Uguali che, in Emilia-Romagna, colma il vuoto di rappresentanza lasciato libero dal riposizionamento strategico del Pd renziano, a voi sembra possibile che i Cinque Stelle possano ambire alle straordinarie percentuali del 2013? Si dirà: ma c’è il Sud a compensare. Ho i mei dubbi. Alle ultime elezioni politiche il tasso di partecipazione al voto nel meridione peninsulare è stato del 67,59 per cento: 11,71 punti in meno del Nord. Lì il “Movimento” parte da una percentuale della scorsa legislatura che è stata del 23,79, inferiore di 0,45 punti a quella delle regioni settentrionali.

Di là dai numeri c’è da considerare che l’azione politica dei partiti tradizionali, di destra e di sinistra, nel Mezzogiorno è profondamente radicata nel territorio, spesso con distorsioni di tipo paternalistico-clientelari. Per questa ragione i 3.986.307 voti raccolti dai 5 Stelle nel 2013 potranno anche essere incrementati ma non in misura tale da compensare le perdite al Nord. Poi ci sono le grandi Isole dove il successo grillino è dato per scontato. In Sicilia nel 2013 la media delle due circoscrizioni dell’isola consegnò ai grillini il 33,64 per cento. Aumentare i consensi nell’area insulare significa superare il totale di 1.618.798 voti della scorsa elezione. Molto complicato se si considera che alle Regionali siciliane del novembre scorso, dove il candidato 5 Stelle era in corsa per la vittoria, la lista di appoggio ha ricevuto 513.359 voti.

La mia previsione, dunque, è che con un’affluenza vicina a quella del 2013 e ugualmente distribuita sul territorio nazionale, il Movimento 5 Stelle si collocherà in una forchetta di consenso tra il 19 e il 23 per cento. È una clamorosa “bufala”? Lo scopriremo insieme lunedì prossimo.


di Cristofaro Sola