Ideologie finite, non le maggioranze

Secondo i più rigorosi studiosi di partiti & ideologie, queste ultime non premiano più e il voto del 4 marzo conferma una tendenza diffusa in tutto l’Occidente, nel senso proprio di una punizione ai partiti di sinistra, vale a dire quelli più ideologici.

In questa realtà postmoderna il chi siamo non lo sappiamo più e, comunque, meglio non parlarne: siamo certi solo di ciò che non dobbiamo essere: razzisti, fascisti, omofobi, xenofobi, maschilisti. E cosa scriveva, profetica, Hannah Arendt? “L’ideologia sembra aver abbandonato la politica. Ci sentiamo rassicurati solo dai ministri che dicono di essere tecnici, anche se mentono spudoratamente”. Già, i ministri, il governo. E una maggioranza. Diciamocelo per l’ennesima volta che, al di là e al di sopra dell’assenza delle ideologie, una “cosa” non potrà mai essere assente dopo il voto elettorale: una maggioranza che governi. Intendiamoci, se non la si trova, si torna a nuove elezioni generali le quale servono, appunto, per ottenere una maggioranza che governi, ministri che si proclamino tecnici, oppure (soltanto) politici, o quant’altro.

Il punto, da noi, è che grazie a una legge praticamente accettata se non voluta da tutti o quasi, si stanno facendo dei veri e propri sondaggi ma, a loro modo, rivoluzionari nel senso che non sono svolti per avere una risposta in merito al possibile vincitore ma, da qualche giorno, in merito a chi ha vinto. A tal proposito basta seguire i tantissimi talk-show di questi giorni per averne una conferma, sullo sfondo di una loro campagna elettorale con un occhio benigno verso Luigi Di Maio e l’altro, dopo la vittoria di quest’ultimo, favorevole a una maggioranza fra Beppe Grillo e un Partito Democratico “derenzizzato” anche perché sconfitto dal Di Maio-pensiero. Il quale pensiero proclama oggi di essere loro (dei grillini) diritto quello di governare. Ma non è così vero questo diritto perché il Movimento 5 Stelle dovrebbe avere la maggioranza sia alla Camera che al Senato come recita la Costituzione sempre evocata, peraltro, da un Di Maio che non deve averla letta bene forse perché lui non ha ottenuto nessuna maggioranza mentre è, al contrario, il centrodestra che può giustamente mostrarla, innanzitutto al Quirinale e poi agli altri. E intanto si dovrebbe mostrare il lato per dir così divisorio di un’Italia dopo un voto che vede un Nord separato da un Sud dove il grillismo di lotta e di governo (si fa per dire) si propone di realizzare un gigantesco trasferimento di reddito dal Settentrione al Meridione. Tutto il resto appartiene al regno della chiacchiera più confusa e più incoerente giacché l’unica proposta programmatica pentastellata è quella della sua propaganda elettorale con tanto di voto favorevole: si prendono risorse dal nord produttivo e si distribuiscono stipendi al Sud. Complimenti.

E la sinistra? Tanto per capirci: la gauche italienne, renziana, antirenziana, bersaniana ecc., si è divisa “come il mercurio uscito dal termometro che si spezza in tronchetti sempre più piccoli “tenendo peraltro ferma una barra contraria a cambiamenti radicali e comunque degni di questo nome, i quali, adombrati proprio dall’ex sindaco di Firenze, l’hanno condotto prima alla sconfitta referendaria per la solita dose eccessiva di superiorità erga omnes e, ora, alla batosta sotto il 20 per cento. Il risultato generale è sotto i nostri occhi, ma continuano gli speciali sondaggi a proposito di chi ha vinto, mentre a sinistra e nei grandi giornaloni spicca l’indubbia lucidità di uno Scalfari secondo il quale il M5S è oggi una sorta di Pd più vero e più “tanto” di quello “rovinato” dalla prepotenza di Matteo Renzi per cui cosa si aspetta a fare un governo M5S con il Pd.

Il centrodestra avrà ovviamente i suoi difetti – uno non irrilevante è stata l’assenza dalle piazze vere del cosiddetto gruppo dirigente di Forza Italia con il solo Cavaliere in giro per il Paese oltre che, soprattutto, in tivù e sui media – ma ha conquistato una maggioranza, con un Matteo Salvini designato a premier, in grado di allargarsi e di confermarsi alla guida del Paese. Con una Forza Italia che è l’unica capace di mediare fra Nord e Sud. Purché… Il purché è riferito al Quirinale. Il quale, comunque, ha occhi per vedere ciò che vedono tutti.

Aggiornato il 12 marzo 2018 alle ore 14:30