Amici del centrodestra: non perdete la calma

È tipico di uno scenario di guerra: nei momenti che precedono l’entrata in vigore di una tregua, gli scontri anziché attenuarsi s’intensificano. Accade perché ciascuna delle parti in conflitto cerca di conquistare terreno prima di deporre le armi. Analogamente, quando in politica si apre una fase fluttuante in vista di un accordo che dia stabilità al Paese, la tensione tra e dentro le coalizioni e i partiti cresce di livello. Ogni protagonista della partita del post-voto tenta di conquistare posizioni da far valere, successivamente, in sede di ricomposizione degli equilibri istituzionali. È dunque fisiologico che il clima si surriscaldi a poche ore dall’avvio della nuova legislatura che si apre con l’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento. Quindi, calma e gesso. Lo raccomandiamo soprattutto ai fans del centrodestra che in questi pur delicati momenti si vedono strattonati dai media e dalla politica che, per puro interesse di bottega, provano a montare scenari inverosimili. A cominciare da quello per il quale Matteo Salvini si preparerebbe a mollare gli alleati in vista di un improbabile accordo di governo con i Cinque Stelle.

Se c’è una cosa che abbiamo imparato osservando in questi anni il leader della Lega è che è persona razionale, capace di visioni lunghe sul futuro del Paese. Salvini ha combattuto e vinto la partita interna alla coalizione, volete che ora che ha l’obiettivo grosso della guida del governo nel mirino mandi tutto all’aria per fare da predellino all’ascesa al potere del concorrente diretto Luigi Di Maio? Ma siamo seri! È comprensibile che in Forza Italia si viva l’attuale situazione con imbarazzato disagio. La novità di non vedere il proprio leader, Silvio Berlusconi, da solo reggere il timone della coalizione ha generato disorientamento. Si tratta di un lutto che non può essere metabolizzato con eccessiva rapidità.

Ci vorrà tempo prima che tutti nel centrodestra si abituino a fare i conti con un alleato inaspettatamente più forte del previsto. Ma ciò non deve indurre a comportamenti nichilisti che non avrebbero alcun senso. Lanciare l’allarme per una sospetta deriva grillina del capo leghista ci sta nel gioco tattico. Come è comprensibile che Matteo Salvini invece di acqua continui a buttare paglia umida sul fuoco. È nient’altro che tattica. Tra un po’ scopriremo che non c’è alcuna casa comune del centrodestra che brucia ma solo un gran fumo, diradato il quale si capirà quale strada la coalizione unita intenderà imboccare per arrivare a Palazzo Chigi. Per adesso, in assenza di certezze si rischia di girare a vuoto tra fantasmagorici scenari e fosche previsioni. Quel che sappiamo riguarda la personalità del candidato premier del centrodestra. Il pokerista Matteo Salvini non è tipo da farsi spaventare dai bluff altrui. È piuttosto il classico giocatore che, come si dice in gergo, va a vedere sempre il punto nelle mani dell’avversario. E sa tenere duro.

Una vicenda dimenticata del suo recente passato lo conferma. Nel 2015, alla vigilia delle elezioni regionali in Veneto, Flavio Tosi, allora sindaco di Verona all’acme della popolarità, tentò un’Opa sulla candidatura alla presidenza della Regione, minacciando la rottura all’interno della Lega. Matteo Salvini non si lasciò intimorire e, non dando ascolto ai tanti che pronosticavano sciagure per il centrodestra se Flavio Tosi avesse operato lo strappo minacciato, sfidò il ribelle ad andare fino in fondo nei suoi propositi. Sappiamo com’è finita: Luca Zaia, sostenuto dal leader leghista, ha vinto con un plebiscito mentre Flavio Tosi è stato letteralmente asfaltato. Tant’è che oggi di lui nessuno più si ricorda. Questo è Salvini. Ora, in molti temono per quell’apertura ai Cinque Stelle, giudicata innaturale. E se non fosse una “sbracatura” ma un’abile giocata per stanare Luigi Di Maio facendo emergere quelle contraddizioni, che pure ci sono nel Movimento grillino, oggi solo silenziate dall’ottimo risultato elettorale? Dalle parole di Salvini va colto un passaggio importante quando ha dichiarato che il suo team sta lavorando a mettere a punto un programma di governo esteso ad alcune proposte che vengono da altre direzioni. Cosa vuol dire?

È probabile che il capo leghista si stia concentrando su di un aspetto finora sottovalutato nel dibattito politico che è la composizione del gruppo parlamentare dei Cinque Stelle. Sono tanti i nuovi eletti grillini, la maggior parte dei quali è totalmente sconosciuta alle cronache politiche. Cosa pensano? Da quale tradizione ideale provengono? Quale missione si sono dati? Quanto sono disponibili a seguire ciecamente le indicazioni dei dirigenti pentastellati, soprattutto se queste dovessero portare ad una prematura interruzione della loro esperienza parlamentare? Non pensiamo ovviamente ai volti noti che abbiamo conosciuto nella scorsa legislatura, ma a quei tanti “mister e mrs. X” che sono approdati a Montecitorio o a Palazzo Madama quasi per caso. Magari essendo stati eletti da ultimi in graduatoria nei listini del proporzionale. Sarebbero costoro così eroici o masochisti da essere pronti ad attraversare la scena istituzionale alla velocità di una meteora pur di assecondare le trame di un Luigi Di Maio impedito nel sogno di fare il premier? Ciò che è certo è che la fase di confronto per arrivare alla formazione di un governo sarà lunga. E, di regola, quando le cose vanno per le lunghe si complicano e le soluzioni non sono mai quelle date per scontate all’inizio.

A scommettere sui Cinque Stelle di questi tempi si rischia di perdere la camicia, perciò una scommessa che non faremo, anche volendolo, è sulla tenuta granitica del loro apparente monolite. Che sia la medesima scommessa sulla quale Salvini invece è pronto a puntare?

 

Aggiornato il 19 marzo 2018 alle ore 12:30