Le pillole di saggezza del Senatùr

Umberto Bossi, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente molti anni addietro, non sembra aver perso la sua antica lucidità politica, nonostante gli acciacchi che lo affliggono. Come ampiamente riportato dalle principali emittenti italiane, ad un giornalista che gli chiedeva un giudizio su Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il fondatore della Lega Nord ha così risposto: “sono due (personaggi politici) che non hanno capito che prima i soldi si fanno e poi si possono spendere.”

Ecco, all’interno del fiume di parole che sta accompagnando l’inizio di una legislatura che lo stesso Bossi considera di brevissima durata, questa stringatissima analisi rende assai bene il punto nodale che i vincitori del 4 marzo saranno chiamati a sciogliere, nel caso uno o entrambi di essi riescano realmente ad entrare nella fatidica stanza dei bottoni. Ossia il rapporto sghembo che già si nota tra le promesse elettorali e la realtà piuttosto complicata dei nostri conti pubblici. Una realtà fatta di vincoli improrogabili, come quello di convincere i mercati  a rinnovare ogni oltre 400 miliardi di titoli del Tesoro, e di numeri impietosi, tra cui l’esigenza di sostenere attraverso la fiscalità generale, nonostante la tanto bistrattata legge Fornero, l’impressionante disavanzo dell’Inps, il quale tra previdenza e assistenza spende più o meno analoga, colossale cifra.

Si tratta ovviamente solo di due dei tanti capitoli finanziariamente molto delicati nell’ambito di un bilancio pubblico che è stato possibile raddrizzare, anche se parzialmente, solo in virtù del quantitative easing messo in atto dalla Bce di Mario Draghi, il quale ha consentito di farci risparmiare parecchi miliardi in termini di interessi, unito ad una ripresa robusta dell’economia mondiale,  che ha permesso all’Italia di riprendere a crescere, seppur agli ultimi posti in Europa, soprattutto dal lato delle esportazioni. Ma con la fine inevitabile del citato Qe e con gli inquietanti segnali protezionistici provenienti dall’America di Trump, il vento della ripresa potrebbe cambiare repentinamente direzione, con il rischio concreto di ritrovarci molto presto in una situazione ancor peggiore di quella vissuta nell’estate del 2011, attraverso  una nuova crisi di fiducia nei riguardi nostro gigantesco debito sovrano, nel frattempo decisamente cresciuto di dimensioni.

A quel punto, chiunque si trovasse nella stanza di comando,  sarebbe costretto a scendere con la velocità della luce dalla nuvoletta dei sogni distribuiti a piene mani in campagna elettorale, con l’evidente e unico scopo di non trascinare la nave italiana verso il sicuro naufragio che l’inevitabile dissesto economico e finanziario comporterebbe. In questo senso le parole di Bossi, tornato a vestire i panni del Senatùr, sarebbero da incorniciare.

Aggiornato il 23 marzo 2018 alle ore 11:29