Quando Savona non è una città

Approda al Quirinale il nome del premier proposto dalla nuova maggioranza gialloblu, targata Salvini-Di Maio. Si tratta di Giuseppe Conte. Docente universitario nell’ambito delle discipline giuridiche e avvocato molto apprezzato.

Su di lui si è concentrata la critica delle future opposizioni che gli hanno contestato un profilo politico assolutamente carente. Non entriamo nell’ennesima polemica preventiva, certi che del professore Conte avremo modo di parlare diffusamente nel prossimo futuro. Invece qualcosa vogliamo dirla sulla notizia che ha stimolato la nostra curiosità circa l’identità del possibile Ministro dell’Economia. Per l’altro incarico di punta del costituendo Esecutivo pare sia stato indicato il professor Paolo Savona.

Diciamo subito che il suo nome ci piace moltissimo. Paolo Savona viene da una lunga tradizione di pensiero liberaldemocratico alla quale abbiamo guardato con grande rispetto e ammirazione. Da economista la sua storia s’inserisce nel filone ideale che da Franco Modigliani approda a Guido Carli, passando per Ugo La Malfa. E poi, da sardo, Savona è appartenuto a quella nidiata di uomini critici che non hanno avuto timore di risalire le istituzioni repubblicane nuotando controcorrente. Come Francesco Cossiga e Armandino Corona.

Benché abbia un’età veneranda non c’è oggi in Italia qualcuno che più di lui conosca dall’interno le meccaniche delle istituzioni europee visto che è stato a capo del Dipartimento per le Politiche Comunitarie del terzo Governo Berlusconi e da quella posizione ha coordinato il Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona 2000, responsabile del Piano Italiano per l’Occupazione e la Crescita presentato alla Commissione europea il 15 ottobre 2005.

Savona è stato anche ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigiano con delega al riordino delle Partecipazioni Statali nel Governo Ciampi del 1993-1994.
Un curriculum fantastico anche se di lui gli odierni detrattori, che si sono messi subito all’opera, ricordano soltanto l’ultima fase caratterizzata dall’accentuazione di un meditato scetticismo nei confronti degli attuali assetti nell’Ue.

Sembra sia stato proprio Salvini a indicarlo come possibile Ministro dell’Economia del governo gialloblu dopo essersi innamorato di lui per le posizioni fortemente critiche espresse rispetto al ruolo egemone che la Germania sta esercitando sul resto dei Paesi dell’Ue.

Tuttavia, definire Savona uno sfasciacarrozze è quanto meno azzardato. La sua posizione rispetto all’Unione europea e alla moneta unica può definirsi estremamente critica, ma non nichilista. Savona prende di mira l’impianto normativo che sta sclerotizzando la costruzione della casa comune europea. L’opposizione alla pretesa egemonica della nuova Germania sul resto d’Europa Savona l’ha espressa con eleganza.

La sua riflessione parte dalla critica al pensiero di Walter Funk e vira verso Heinrich Heine e Immanuel Kant prima di formulare un originale convincimento sulle reali ambizioni della politica tedesca. Nei giorni caldi della trattativa a Bruxelles per l’approvazione del piano finanziario pluriennale 2021-2027, che disegnerà il nuovo profilo dell’Unione, nessuno più di Paolo Savona è in grado di entrare subito in partita, avendo egli stesso già manifestato qualche idea sulla possibile riforma dell’architettura europea. Creazione di una scuola comune europea di ogni ordine e grado; attribuzione della potestà legislativa al Parlamento europeo su un ampio spettro di materie; poteri alla Commissione per implementare le infrastrutture; obiettivi e strumenti alla Bce in linea con quelli attribuiti alle principali banche centrali del mondo.
Quattro cose da fare subito per evitare che l’Unione vada a sbattere perché imbrigliata dalla volontà di potenza di élite eurocratiche totalmente avulse dalla legittimazione democratica. Si converrà che questo non è l’identikit di un anti-europeo.

Agli amici tedeschi Savona rivolge la domanda che finora i nostri politici non hanno osato pronunciare: cosa volete fare, creare problemi o risolverli? È del tutto evidente che uno così possa mandare in visibilio coloro che hanno denunciato il rischio di un “Quarto Reich” finanziario in tempi non sospetti; che possa al meglio rappresentare le istanze di quelli che puntano a sostituire meccanismi burocratici e parametri rigidi con regole più intelligenti e flessibili che colgano le reali esigenze delle popolazioni chiamate a stare nella casa comune europea. Ma come potrebbe piacere a quelle élite che parlano tedesco e francese?

Gli europeisti a senso unico Savona non ce lo vogliono a rappresentare l’Italia ai tavoli economici e finanziari. Non perché sia barbaro, ma perché la sa abbastanza lunga per non farsi mettere il cappello in testa da quei signori.

Ora la palla è nelle mani di Mattarella. Saprà il nostro presidente della Repubblica resistere alle pressioni esterne? O preferirà optare per l’allineamento subordinato dell’Italia a Bruxelles, decidendo di cassarne il nome dalla lista dei ministri?

Il professore Savona nella vita ha fatto tante cose e dalla vita ha avuto molto per cui non ne farà un dramma se il Quirinale non dovesse contattarlo. Ma sarebbe una perdita per gli italiani che, al posto della persona giusta, si ritroverebbero con buone probabilità un altro “ragioniere” in loden disposto a farsi dettare i numeri della contabilità da Berlino e da Parigi. E da Bruxelles.

E la Lega, a quel punto, che farà? Si terrà la pugnalata alla schiena infertale dal “Colle” senza battere ciglio?

Aggiornato il 23 maggio 2018 alle ore 12:08