Popolo e regimi

Nei sistemi democratici, attualmente abbastanza stanchi, i governi o la classe dirigente assomigliamo più o meno alla popolazione che rappresentano; nelle dittature la differenza tra questi due è profonda e il potere tutt’al più è formato da una oligarchia autoreferenziale. Nei sistemi teocratici le autorità hanno la pretesa di riferirsi all’entità superiore e quindi si sentono del tutto liberi dai giudizi terreni e dalle persone in cane e ossa.

Ecco la teocrazia al potere in Iran è così fatta: per costituzione e per prassi consolidata il potere principale e le redini della guida del Paese sono insindacabilmente nelle mani della Guida spirituale, Ali Khamenei.

Questi ha in mano il potere di indirizzo politico generale del Paese, il potere giudiziario, nomina i capi militari e della sicurezza ed ha il controllo delle TV di stato, e infine ha la facoltà di ultima parola su tutto. In particolare dà precise direttive al governo sulla politica estera, interna ed  economica, e inoltre il capo del potere esecutivo viene selezionato dal Consiglio dei guardiani che dipende fortemente nella nomina e nella prassi dalla Guida.  

Già da queste essenziali notizie sulla struttura del regime teocratico iraniano, e osservando la natura degli uomini che lo compongono, partendo dal suo fondatore l’ayatollah Khomeini, ogni discussione su riformismo o moderazione, per chi non è in cattiva fede, è una favola degna di anime belle.

Proprio per questa impossibilità di riformare il regime iraniano, alcuni tenaci analisti, per affermare la loro improbabile tesi sul cambiamento in seno al regime iraniano, confondono il regime con la popolazione iraniana. Adducono le istanze democratiche degli iraniani, per le quali si battono dal primissimo Novecento, quali alibi per sostenere l’esistenza di una corrente riformista nell’establishment. Questi incauti analisti non si arrendono nemmeno di fronte all’evidenza; mentre la popolazione è scesa in piazza, nei mesi di dicembre e gennaio, gridando la sua fame, la fame vera e nera che ha investito oltre il 70% degli iraniani, decretando la fine del balletto riformisti versus oltranzisti; infatti lo slogan più in auge nella recente rivolta era “riformisti, oltranzisti, si è alla fine all’avventura!”.

E mentre fiumi di miliardi si spendono in Siria, oltre cento miliardi dal 2012, in Libano, più di un miliardo all’anno  a Hezbollah, nello Yemen e nelle recenti elezioni irachene, nelle vicinanze degli ospedali iraniani gli annunci di vendita di reni e cornee mettono in scena l’orrendo spettacolo della disperazione in uno dei paesi più ricchi del pianeta. Durante la rivolta, che comunque continua, in un mese sono usciti dal Paese oltre trenta miliardi di dollari.

Ecco, tra mille cose che si potrebbero scrivere sull’Iran abbiamo voluto ricordare questa ignobile disinformazione di chi perpetua confondere il popolo con il regime che lo opprime e lo affama. Si parla tanto delle faccende del regime e si tace sulla sofferenza e sulla lotta del popolo.

Possiamo dare testimonianza che gli iraniani, soprattutto quelli che abitano in Iran, trovano orrenda questa rappresentazione falsa del loro Paese. Perché è lontana dal vero. Perché la folle politica estera ed interna del regime teocratico, la perpetua violazione dei Diritti umani, l’esportazione dell’integralismo nella Regione, demarca una profonda separazione del regime dagli uomini e dalle donne comuni di un antico paese.

Il dispotismo religioso è inadeguato in un paese con un altissimo numero di laureati dove oltre il 65% della popolazione ha meno di 35 anni e intende vivere la sua vita in prosperità e pacifica convivenza col mondo intero. Chi è disposto a scommettere un soldo bucato su un siffatto regime in un paese che vanta una storia e un’antica civiltà, qual è l’Iran?

Le grandi assicurazioni e imprese, tra cui le italiane Eni, Danieli, si sono ritirate. Ecco, confondere la popolazione iraniana con la dittatura religiosa al potere in quel paese è forviante.     

Chi sa perché l’Amministrazione Trump odiata dalla maggior parte dei mass media europei, sin da subito ha distinto chiaramente il popolo iraniano dal regime che lo opprime?

Perché il segretario del Dipartimento USA, nel suo discorso, il 20 maggio, ha dato un’analisi sulla situazione iraniana di buon senso e enumerato i misfatti del regime religioso iraniano, elogiando e sostenendo il popolo?

Chi sa se i democratici governanti europei e i loro mass media così liberi smetteranno di guardarci dall’alto mantenendo la loro simbiotica affinità con uno dei più sanguinari regime dell’era moderna? I

ll compito di abbattere la dittatura religiosa è sicuramente della popolazione iraniana, i governi democratici è bene che non prendano più la parte di una teocrazia che opprime il suo popolo.         

Aggiornato il 23 maggio 2018 alle ore 12:07