Un’idea su dove collocare Savona

Ieri l’Italia ha rischiato di finire gambe all’aria a causa delle istituzioni, nostrane ed europee, e dei mercati finanziari finiti sull’orlo di una crisi di nervi. È successo di tutto.

Il Quirinale, in preda al panico, dopo aver lanciato nell’arena il mite Carlo Cottarelli ci ripensa e prende tempo. L’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, recatosi nel pomeriggio al Colle per chiudere sulla lista dei ministri, ha fatto macchine indietro guadagnando un’uscita secondaria. Ufficialmente è tutto rimandato ad oggi, ma la sensazione è che il suo tentativo sia abortito prima del parto. Sergio Mattarella si è reso conto che il “suo” governo non solo non avrebbe ottenuto la fiducia ma, con molta probabilità, almeno in Senato non avrebbe preso neanche un voto favorevole. Dopo l’annuncio dei vertici del Partito Democratico di negare il proprio appoggio a Cottarelli per non restare da soli col cerino acceso in mano, il Quirinale ha preso atto che sarebbe andato incontro a una figuraccia colossale. Avrebbe riso tutto il mondo nell’assistere a una votazione del Parlamento italiano sulla fiducia al governo nella quale forse soltanto i sudtirolesi della Südtiroler Volkspartei (Svp) l’avrebbero votata.

Ieri poi è stato il giorno del ritorno degli sciacalli della speculazione finanziaria. Lo spread Btp-Bund tedeschi è schizzato fino a toccare i 300 punti base; Piazza Affari è sprofondata con l’indice Ftse Mib che ha chiuso a –2,65 per cento. Come se non bastasse, ci si è messa anche l’Europa con il solito tedesco pronto a dire fregnacce sul nostro Paese. Il Commissario europeo al Bilancio, Günther Oettinger, in un’intervista rilasciata a Bernd Thomas Riegert per “Deutsche Welle”, a proposito della situazione politica in Italia, ha detto che “i mercati insegneranno agli italiani a votare per la cosa giusta”. Roba da matti! Il testone di Stoccarda l’ha sparata davvero grossa al punto che ha costretto tutti i vertici dell’Unione a metterci una pezza. Si sa cosa pensino di noi i tedeschi, ma dirlo in quel modo è stato stupido e pericoloso.

A mettere il cappello sulla giornata da tempesta perfetta ci ha pensato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale, in occasione della presentazione delle sue “Considerazioni finali” sullo stato dell’economia italiana, ha derubricato l’agitazione dei mercati finanziari a fattore d’ingiustificata emotività degli investitori. Sarà pure vero ma, nel frattempo, l’agenzia di rating Moody’s ha messo i conti pubblici italiani sotto la lente d’ingrandimento perché potrebbe decidere di abbassare il rating del debito italiano portandolo sulla soglia dei titoli spazzatura.

La politica intanto ha cominciato a frullare come maionese impazzita. Si è scatenata la corsa a fissare la data del ritorno alle urne. Cottarelli, presentandosi ai media, aveva avvertito che in caso di non ottenimento della fiducia si sarebbe preoccupato di riportare gli italiani alle urne il prima possibile, cioè appena ultimata la pausa agostana. Invece, il Partito Democratico, preso da un feroce regolamento di conti interno, ha deciso di sfidare i vincitori in pectore chiamando le urne in estate inoltrata. Il giorno sarebbe il 29 di luglio. Gli altri, Lega e Cinque Stelle, non se lo sono fatto ripetere: ok per il 29. Ma sono tutti impazziti? Come si può credere che gli italiani, in procinto di partire per le vacanze, abbiano voglia di stare dietro alle convulsioni della politica? Che si fa? Si usano le cabine degli stabilimenti balneari al posto di quelle elettorali?

Povero Mattarella, deve essersela vista brutta. La sua inadeguatezza a gestire questa delicata fase lo ha fatto cappottare. È normale che ora cerchi di correre ai ripari. Ciò giustifica la notizia fatta trapelare in tarda serata che sarebbe ripartita una trattativa con Lega e Cinque Stelle per riportare indietro le lancette dell’orologio al pomeriggio della sorsa domenica: un giorno da cani. È possibile che il casino di ieri abbia spinto i protagonisti del patto gialloblu a rivedere le proprie posizioni visto che nelle condizioni date un ritorno alle urne sotto il solleone sarebbe un atto insensato. In fondo, la quadra sui ministri s’era trovata.

Resta il pomo della discordia ancora sul tavolo e ha il nome di Paolo Savona. Mattarella non può oggettivamente permettere che vada al ministero dell’Economia perché, dopo la grana piantata e resa pubblica, perderebbe ogni residua credibilità agli occhi degli italiani. D’altro canto, neppure Salvini e Di Maio adesso possono calarsi le brache come se niente fosse successo. La gente non li perdonerebbe. L’uomo della strada si porrebbe la più elementare delle domande: “Se eravate pronti a cedere, perché avete permesso che si scatenasse questo inferno che costerà caro al Paese e dovremo essere noi a pagarlo? Come se ne esce? Con l’uovo di Colombo, naturalmente! Il saggio professor Savona si è sempre proclamato non un euroscettico ma un trattativista. Buon Dio! Ma se bisogna esaltare le competenze, perché non pensare di spostarlo nella casella delle Politiche comunitarie? Magari con un rafforzamento delle deleghe in materia di rinegoziazione dei trattati europei? La poltrona dell’Economia potrebbe andare a persona di fiducia del Presidente della Repubblica, che così salverebbe la faccia nonostante la presenza al Governo di Paolo Savona. E il ministero dell’Economia? Perché non assegnarlo proprio a Carlo Cottarelli che, al momento, sembra l’asino in mezzo ai suoni? In un’Italia patria di 60 milioni di commissari tecnici, ci sia concessa la cavolata di giornata. Perché, come si dice, hai visto mai…

Aggiornato il 31 maggio 2018 alle ore 11:18