La scelta di Salvini

Certamente in molti si saranno stupiti della scelta di Matteo Salvini di dare vita finalmente, seppur con una evidente resistenza personale, al famoso Governo del cambiamento con il Movimento 5 Stelle. Lo stesso popolo dei perplessi si sarà chiesto perché mai, con la prospettiva di stravincere nel voto anticipato, il leader della Lega abbia preferito la difficile avventura politica con i pentastellati.

Io credo che la risposta sia piuttosto semplice e vada ricercata all’interno del fosco quadro economico e finanziario che si stava velocemente prospettando per questo disgraziato Paese. Un quadro di grande e grave incertezza che, con molta probabilità, avrebbe rischiato di farci vivere una campagna elettorale in un clima generale ancor peggiore di quello che portò, nel 2011, alla caduta dell’ultimo Esecutivo Berlusconi, dove a farla da padrone ancora una volta sarebbe stato il tanto bistrattato spread sui titoli del debito pubblico. A quel punto, proprio a causa di un probabilissimo quanto pericoloso deterioramento della nostra situazione finanziaria, l’esito del voto sarebbe stato tutt’altro che scontato.

Oltre a ciò c’è un’altra elementare considerazione da fare. Salvini, che almeno sul piano tattico si sta dimostrando un politico di grande spessore, come dimostra il modo con cui ha letteralmente ridicolizzato quel gran dilettante allo sbaraglio di Luigi Di Maio, non poteva non tenere conto delle crescenti pressioni che sono arrivate in questi ultimi giorni dalla sua base di consenso settentrionale. Una base di consenso appartenente a quella locomotiva produttiva del Paese che, vorrei ricordare, per anni ha votato in massa la Lega Nord di un Umberto Bossi che prometteva non solo di restare nell’euro, ma anche di volersi unificare, almeno economicamente, con l’altrettanto ricca e produttiva Baviera. Ebbene questo tessuto, composto in buona parte di piccole e medie imprese con relativi dipendenti/collaboratori, il 4 marzo non ha certamente sostenuto la Lega per portare l’Italia fuori dalla moneta unica. E questo Salvini sembra averlo compreso molto bene. Così come egli sembra aver altrettanto capito che l’Italia, al di là della sua ostentata propaganda, non avrebbe alcun beneficio da un effettivo ritorno alla liretta, facendosi sostanzialmente esplodere, secondo una felice espressione usata spesso dall’ottimo Mario Seminerio, all’interno di una stanza di cemento armato.

Così come accadde a suo tempo ai facinorosi greci Tsipras e Varoufakis, è probabile che a far ragionare il successore di Bobo Maroni siano stati proprio quei mercati finanziari che, ancora oggi, per molti esponenti della nostra informazione rappresentano un oggetto assolutamente misterioso. In questo senso è da segnalare l’inverosimile articolo, con tanto di video allegato, di Milena Gabanelli pubblicato sul Corriere della Sera. Un vero e proprio condensato di scemenze finanziarie per risolvere il colossale problema del nostro debito pubblico, con tanto di negazione ontologica dell’esistenza dello spread, che è stato efficacemente confutato e poi dileggiato da una sfilza di seri e autorevoli economisti, tra cui il citato Seminerio e Michele Boldrin.

Ed è proprio la citata scelta di Salvini, adottata all’indomani dei chiarissimi segnali mandati al Paese dai “misteriosi” mercati, la quale mi fa ritenere che, nel momento in cui si pone la scelta tra il delirio elettorale sovranista e il rischio concreto di mandare in malora l’intero sistema economico, il capo della Lega abbia deciso per la seconda opzione. In questo senso la scelta di due figure politicamente abbastanza rassicuranti, che sulla carta garantiscono un maggior ancoraggio europeo, all’Economia e agli Esteri sembrerebbe dimostrarlo.

Comunque, dai primi atti dello scombiccherato Governo del cambiamento avremo la conferma o meno di quanto sopra esposto. Se Salvini, come io penso, avrà soprattutto in animo di non farsi rincorrere coi forconi dal suo laborioso elettorato settentrionale, lo vedremo svolgere l’insolito ruolo di stopper, soprattutto nei confronti della sprovveduta componente pentastellata, all’interno del nuovissimo Esecutivo dei miracoli. Non ci resta che aspettare e incrociare le dita.

 

Aggiornato il 02 giugno 2018 alle ore 14:19