Quelli che hanno spianato la strada ai populisti

Usciti duramente battuti dalle elezioni politiche del 4 marzo, è tempo di riflessioni autocritiche per Forza Italia e il Partito Democratico, le due forze che si sono alternate alla guida del Paese nel corso di tutta la Seconda Repubblica.

E proprio in tema di analisi segnalo l’ottimo contributo di Davide Giacalone il quale, ospite della puntata del 1 giugno di “Coffee Break”, ha impietosamente messo in risalto l’errore capitale commesso da questi due partiti sulla questione cardine dell’Europa e della moneta unica. In estrema sintesi, Giacalone sostiene che l’aver indugiato su quella che a suo avviso, parimenti per chi scrive, rappresenta una balla gigantesca, cioè le presunte responsabilità dell’Europa medesima nelle nostre problematiche di sistema, ha sostanzialmente aperto una autostrada all’avanzata del populismo oggi al potere.

In questo senso, tanto Silvio Berlusconi che Matteo Renzi con argomenti diversi, nel tentativo piuttosto evidente di cavalcare prima e canalizzare successivamente l’arma a doppio taglio del cosiddetto nemico esterno (tecnica propagandistica vecchia come il mondo), si sono involontariamente resi corresponsabili di un risultato politicamente catastrofico non solo per loro, bensì per l’intera comunità nazionale, che proprio sull’aspetto basilare della nostra permanenza nell’Euro è stata oggetto di un colossale inganno.

Tant’è che sempre Giacalone, alla domanda posta dal conduttore su quanto incida l’Unione monetaria sui problemi economici e finanziari italiani, ha risposto un reciso “niente”. Egli ha invece spiegato un concetto che al di là delle Alpi hanno capito persino i bambini: con un debito pubblico come il nostro, malamente sostenuto da una competitività ferma al palo da almeno tre decenni e da tassi di crescita sempre agli ultimi posti nel Vecchio Continente, l’appartenenza alla zona Euro rappresenta per noi un fattore di grande alleggerimento, consentendo al Tesoro di risparmiare ogni anno oltre trenta miliardi di interessi passivi, grazie soprattutto al Quantitative Easing realizzato dalla Banca centrale europea guidata da Mario Draghi.

Ora, proprio sulla relazione per noi vitale tra la moneta unica e la sostenibilità di un debito sovrano che, per la cronaca, è oltre venti volte superiore a quello che causò il default dell’Argentina all’inizio del terzo millennio, nell’area politica e culturale del cosiddetto berlusconismo si sono innestate nel tempo alcune concezioni che con i principi iniziali di un liberalismo di massa, moderato e ragionevole, non hanno assolutamente nulla a che vedere.

Queste idee, che sul piano economico-finanziario hanno poi finito per dare sostegno a un sovranismo dell’irrealtà, sono state a lungo interpretate da personaggi più o meno direttamente orbitanti nella medesima area. Pensiamo ad esempio a due campioni della fazione no-Euro, come Claudio Borghi e Mario Giordano, che sul quotidiano della famiglia Berlusconi per anni ci hanno raccontato una montagna di balle sullo spread, che non esisterebbe, sul debito pubblico, che non sarebbe assolutamente un problema, e su quanto si stava bene quando si stava malissimo con la liretta di cartapesta. Ma anche a parecchi personaggi di rilievo politico (pensiamo al sempre molto ambivalente Renato Brunetta) è stato concesso di esprimere a nome di Forza Italia visioni sulla “cattiva” Europa, intenta a depredare la nostra ricchezza che, pur essendo totalmente destituite di fondamento, sono servite solo a distruggere la credibilità interna e internazionale del loro partito portando essenzialmente acqua al mulino dei succitati populisti.

A tutto questo si deve poi aggiungere l’aggravante del rinnovato europeismo espresso in campagna elettorale da Silvio Berlusconi, con tanto di riavvicinamento del leader di Forza Italia alla signora Angela Merkel e alla grande famiglia politica dei popolari. Ciò, unito a quanto sopra esposto e al patto leonino stretto con i sovranisti della Lega, ha costituito una sorta di doppio messaggio il quale ha finito inevitabilmente per disorientare gran parte della vecchia base di consenso azzurra, sospingendola verso il partito di Matteo Salvini. Una base di consenso che difficilmente potrà tornare all’ovile se sull’Europa e sull’Euro il messaggio politico di Forza Italia continuerà a fiancheggiare i deliri sovranisti di chi oggi si trova al timone dell’Italia, avvalorandone anche solo implicitamente le pericolose scorciatoie economiche e finanziarie.

Soprattutto sul piano della nostra permanenza nella moneta unica, che rappresenta un elemento vitale non negoziabile per l’Italia, l’opposizione dei moderati dovrà necessariamente essere più che mai rigorosa.

Aggiornato il 05 giugno 2018 alle ore 11:56