Salvini: quando cattivo è bello

Finalmente abbiamo compreso quale sia la tattica adottata dal “cattivo” Matteo Salvini per mangiarsi i Cinque Stelle: li sfiancherà. Da quando il Governo ha assunto le funzioni il leader leghista ha ingranato la quarta e ha cominciato a correre imponendo all’opposizione, ma principalmente ai suoi alleati post-grillini, l’agenda di governo. Ha preso di petto il problema dell’immigrazione pur sapendo che, al momento, non era la massima priorità nei bisogni degli italiani. Ma lo era nei cahiers de doléances della popolazione che, a dispetto di quanto dica l’establishment, continua a percepirlo come un pericoloso vulnus per la tenuta democratica del Paese.

Sarà pure una coincidenza, ma sta di fatto che da quando il titolare del Viminale ha imposto alla nave Aquarius di fare rotta altrove con il suo carico di umanità dolente, i governi dell’Unione europea hanno cominciato a discutere seriamente dell’affaire immigrazione. Si suppone che Salvini abbia scosso l’albero lasciando che fosse il presidente del Consiglio a raccoglierne i frutti. Risultato: si è innescato un inedito tiro alla corda tra i due leader più potenti d’Europa, il francese Emmanuel Macron e la tedesca Angela Merkel, in cui la parte della corda l’ha fatta il diafano Giuseppe Conte. L’obiettivo dei due “vasi di ferro” della politica Ue è il medesimo, sebbene alternativo: ciascuno vuole accaparrarsi l’appoggio del Governo italiano nei negoziati in sede comunitaria. Non è un fatto banale, ma di grande rilievo per la considerazione che sottende al nuovo scenario politico: i partner europei hanno la consapevolezza che con l’attuale governo giallo-blu non possano usare il medesimo atteggiamento di sufficienza e di arrogante superiorità tenuto con i precedenti inquilini di Palazzo Chigi espressione del centrosinistra. La strategia dichiarata dai due partiti che sostengono l’odierna maggioranza di riportare il nostro Paese al centro dell’attività decisionale europea pare stia funzionando.

È umanamente comprensibile che i dirigenti del Partito Democratico mastichino amaro nell’assistere, pressoché impotenti, alla presa di consenso di Salvini presso gli ambienti governativi degli altri Paesi, dopo aver raccontato per anni che fuori d’Italia a un barbaro come il capo leghista i partner europei non avrebbero neanche aperto la porta. Se al vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Ue, in programma a Bruxelles per la prossima settimana, di fatto si discuterà dei temi imposti dall’Italia il merito sarà di chi oggi siede al Viminale. Piaccia o no, questa è la realtà. Ora, colto l’obiettivo, Salvini avrebbe potuto concedersi una pausa, tanto per tirare il fiato. Invece, continua a fare il rullo compressore per non lasciare, nella comunicazione, spazi di manovra ai nuovi alleati. Nel giorno di Conte in visita alla Merkel, il leghista ha trovato il modo di rubargli la scena aprendo il fronte “Rom”. La soluzione di metodo che propone per inquadrare il problema è d’immediata presa: bisogna fare un censimento per sapere chi sono i rom, a quali nazionalità appartengono, dove dimorano abitualmente e cosa fanno per vivere. Una bomba! La sinistra, affetta da miopia cronica per eccesso di ideologia, è insorta gridando al razzismo. Schedare i rom, per quelli del Pd e dintorni, sarebbe come risuscitare il nazismo a settant’anni e passa dal suo annientamento. Ovvio che sia una stupidaggine. A Salvini va riconosciuto un gran fiuto. Lui dice esattamente ciò che la gente comune vuole sentirsi dire. Chi, almeno una volta nella vita, non è stato vittima di un abuso o di un atto d’illegalità da parte di uno ”zingaro”? Le persone sono stanche di dover vivere guardandosi intorno nel terrore che un rom possa entrare in casa a svaligiargli l’appartamento; che una banda di ragazzini spedita dai campi nomadi a fare razzia di portafogli, li circondi in metropolitana e gli usi violenza; che un esercito di “intoccabili” si metta ad accendere roghi tossici sotto le finestre delle loro case; che una “zingara” con fare minaccioso pretenda di leggergli la mano per denaro, a pena di sgradevoli ritorsioni. Pochi lo ammettono apertamente ma se il ministro dell’Interno trovasse il modo di smantellare i cosiddetti campi dove tali comunità si riuniscono per sistematizzare le loro condotte illegali, sarebbero in tanti a tirare un sospiro di sollievo. E, ironia della sorte, sarebbe un sospiro bipartisan visto che, come attestano i sondaggi di questi giorni, a gradire il modo spiccio di procedere del leader leghista non è soltanto l’elettorato di destra ma anche una parte significativa di quello di sinistra.

Scrive oggi sull’Huffington Post Roberto Weber, sondaggista, presidente dell’Istituto Ixè: “In questa fase dunque, la radicalizzazione di Salvini sul doppio tema immigrazione/Europa fa premio su tutto e raccoglie consensi trasversalissimi, toccando in modo significativo lo stesso elettorato del Partito Democratico”. Messa così è ovvio che il povero Luigi Di Maio faccia fatica a stargli dietro. Il post-grillino pensava di fare bingo puntando tutte le sue fiches sul reddito di cittadinanza. Non ha valutato a sufficienza che l’imponente onere per i conti pubblici non gli avrebbe consentito di fare cassa elettorale a stretto giro. L’astuto leghista, invece, si è ritagliato una posizione nel Governo dalla quale può massimizzare il consenso quasi a costo zero. Aspettiamoci a breve l’annuncio del varo della modifica della normativa sulla legittima difesa: una lepre facile da catturare per rimpinguare il carniere elettorale della Lega che va riempendosi a vista d’occhio. Ci sia consentita una riflessione: dall’attuale fase politica il governo giallo-blu non era il massimo che si potesse sperare, ma almeno diverte il come un astutissimo Salvini riesca a far girare a vuoto un disorientato Di Maio. Che sia questo il refrain della legislatura?

Aggiornato il 20 giugno 2018 alle ore 10:39